La “foresta che cammina” al Carnevale di Satriano. La tradizione rivive con gli uomini albero
Esiste un paese in Basilicata, precisamente a Satriano di Lucania (in provincia di Potenza), nel Parco nazionale dell’Appennino Lucano, dove il Carnevale si vive in maniera diversa. Gli uomini si travestono da alberi e diventano “Rumit” (eremiti), maschera tipica, avvolta e cosparsa di foglie rampicanti e tralci d’edera.
E così, sabato 14 febbraio, a partire dalle 14.30, i 131 Rumit, uno per ogni paese della Basilicata, formeranno una foresta che cammina e si riuniranno in corteo.
La domenica di Carnevale poi, a partire dalla prime luci dell’alba, i Rumit spontanei, come da tradizione secolare, gireranno per le strade del paese bussando alle porte delle case e lasciando un buon auspicio in cambio di doni o pochi spicci. Nel pomeriggio, partirà il corteo con le altre maschere tipiche: gli orsi, le quaresime, ancora i Rumit, ognuna delle quali rappresenta uno stile di vita diverso per condizione sociale ed economiche. Inoltre, sfileranno i carri allegorici ecologici non motorizzati e ci sarà la messa in scena del matrimonio con lo scambio dei ruoli: gli uomini faranno le donne e viceversa, per scatenare la risata e creare una situazione divertente.
L’evento è organizzato dall’associazione “Al Parco”, in collaborazione con il Comune di Satriano, il Parco Nazionale dell’Appennino Lucano, il GAL Marmo Melandro, l’Apt Basilicata, associazioni e volontari.
Nel corso dei decenni le interpretazioni che le varie generazioni hanno dato a questa figura misteriosa sono cambiate. Il “Rumit”, simbolo di povertà e penuria, raffigura quel satrianese che, nonostante non sia in ottime condizioni economiche e per questo indigente, è rimasto fedele alla sua terra natia e ha provveduto autonomamente a costruirsi un rifugio al di fuori del centro abitato, nel bosco. I giovani satrianesi, dal 2014, utilizzano questa figura proprio per lanciare un messaggio ecologista universale: ristabilire un rapporto antico con la Terra per rispettare gli uomini e le donne che la abiteranno in futuro.
Federica Grisolia