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Il “biondo” di Trebisacce su Linea Verde. Ma il prodotto oggi non ha più mercato

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Il “biondo” di Trebisacce ieri mattina (domenica) è andato in onda su Rai 1 ed ha sedotto il conduttore di “Linea Verde” Fabrizio Gatta che, nel corso del collegamento, lo ha definito “un gioiello” ed ha raccomandato ai suoi interlocutori di proteggerne la specie e di rilanciarne la produzione.

Parliamo di una specie autoctona di arancia tardiva, dal profumo seducente, dall’abbondante succo e dal sapore sapido che fin dall’antichità viene coltivata negli aranceti (cosiddette vigne) di Trebisacce laddove, grazie alla vicinanza del mare e ad un particolare micro-clima, è soggetto ad una produzione tardiva, nel senso che i suoi frutti arrivano a maturazione da aprile fino a luglio, cioè quando le altre qualità di arance non sono più sul mercato.

Ieri mattina, nel corso di una puntata di Linea Verde dedicata all’Alto Jonio ed alla piane di Sibari e Policoro, la “troupe” di Linea Verde si è recata nelle caratteristiche “vigne” di Trebisacce e le telecamere di mamma-Rai hanno messo a fuoco un protagonista d’eccezione, ”il biondo tardivo di Trebisacce” che per anni ha contribuito a sostenere l’economia locale ed ha fatto la fortuna dei trebisaccesi proprietari delle vigne che, con il raccolto annuale delle arance, riuscivano a condurre un’esistenza familiare dignitosa e spesso a mantenere i figli all’università. Non era difficile, nel passato, trovare il biondo di Trebisacce fare bella mostra di sé ed essere molto ricercato nei mercati ortofrutticoli della Capitale e di altre città del centro-nord.

Oggi, nonostante qualche rara eccezione, il “biondo” di Trebisacce è caduto in bassa fortuna, è diventato un prodotto di nicchia che non regge più il mercato e che spesso viene coltivato solo per la comodità familiare. Piano piano, infatti, le proprietà, nel passaggio dai genitori ai figli, si sono parcellizzate (oggi ci sono circa 1.000 appezzamenti) ed è diventato sempre più difficile far funzionare il Consorzio dei Giardini che non è mai riuscito ad avviare una vera politica di marketing ed a vincere la concorrenza delle altre produzioni che nel frattempo sono aumentate con le importazioni dalla Spagna e dai Paesi del nord-Africa. In altri contesti geografici, specie quelli del centro-nord, laddove l’associazionismo funziona ancora, il biondo sarebbe stato tutelato e sicuramente catalogato come IGP. A Trebisacce, invece, non si è mai riusciti a creare una rete di salvataggio per un “cultivar” d’eccezione e per tutta la vasta area delle “vigne” che, se non si potenziano i sistemi di controllo e di tutela, rischia anche di essere invasa dal cemento.

Pino La Rocca

 

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