Cosicchè, dopo le manifestazioni popolari tenutesi a Roseto e ad Amendolara, la vertenza assume un profilo istituzionale e si sposta sui tavoli… che contano, con il fermo proposito di fermare l’autentica macchina da guerra delle compagnie petrolifere che, con l’avallo di un governo “tecnico” dimostratosi poco attento ai rischi che corre un tratto di mare chiuso come il Golfo di Taranto, sono pronte a trasformare il “mare nostrum” in un’autentica gruviera alla spasmodica ricerca dell’oro nero. Per contrastare tale disegno ecco pronte e già calendarizzate alcune iniziative istituzionali: si parte venerdì 21 giugno alle ore 11.00 con l’arrivo nell’Alto Jonio e precisamente presso il Castello Federiciano di Roseto della commissione regionale “Ambiente e Territorio”.
L’incontro è stato promosso, d’intesa con il consigliere regionale Mario Franchino, dal sindaco di Roseto Franco Durso e dal vice-sindaco con delega all’Ambiente Rosanna Mazzia. Tutta la commissione, di cui come è noto è presidente l’on. Gianluca Gallo e componente l’on. Mario Franchino, si incontrerà con i sindaci, con i rappresentanti del movimento “NO TRIV” e le associazioni ambientaliste, non certo per fare passerella politica, ma per stilare un documento “tecnico” da sottoporre al ministro per l’Ambiente Andrea Orlando nell’incontro già fissato a Roma, presso il Ministero, per giovedì 27 giugno ed a cui prenderanno parte i suddetti consiglieri regionali ed una delegazione di sindaci. Ma non è finita qui perché la pista istituzionale ha portato fino a Bruxelles per merito dell’europarlamentare Pino Arlacchi del PD il quale, messo a conoscenza della problematica dal consigliere regionale Mario Franchino e resosi conto di persona nel corso di una sua venuta in loco dei rischi che corre il mare Jonio e delle preoccupazioni delle popolazioni e delle istituzioni locali, ha presentato due interrogazioni scritte, una alla Giunta regionale e una al Consiglio Europeo.
Dopo aver riferito dell’avvio delle procedure per l’inizio delle trivellazioni nel Golfo di Taranto da parte di ben 8 compagnie ed aver evidenziato l’elevato grado di sismicità, i rischi di possibili “tsunami” di un mare chiuso ed il grave rischio da inquinamento che deriverebbe da dispersione in mare di idrocarburi, l’on. Arlacchi ha chiesto al Consiglio ed alla Giunta dell’Unione Europea «-se le normative in materia di prevenzione delle catastrofi naturali siano state rispettate, -se e in quale modo le autorità europee possono intervenire per sospendere tutte le attività…e, infine, -se i rischi di eventi sismici… con le ricadute anche finanziarie sull’economia, siano stati adeguatamente valutati nel momento in cui è stato deciso di autorizzare le ricerche».
Pino La Rocca