Proseguono le iniziative contro le trivellazioni nel mare Jonio, ma il ministro dell’Ambiente Andrea Orlando, chiamato per la seconda volta in causa, per esprimersi e prendere posizione in merito, anche questa volta ha fatto orecchie da mercante ed ha gettato nello sconforto quanti, sindaci, rappresentanti politici della zona, esponenti dei movimenti ambientalisti e semplici cittadini, si battono per scongiurare il rischio-trivelle sempre più incombente.
Una prima volta, dopo aver concordato un incontro presso il Ministero a Roma con una folta delegazione di sindaci, rappresentanti politici della zona ed esponenti del movimento interregionale NO TRIV, il ministro non si è fatto trovare al suo posto (era malato, ndr), ma ha delegato il compito di incontrare la delegazione a funzionari del Ministero i quali, dopo essersi dimostrati abbastanza evasivi, hanno assicurato che il ministro in persona sarebbe venuto in zona in missione di ascolto.
Rispondendo in questi termini, in pratica il ministro Orlando si è lavato le mani, dimenticando, forse, come ha fatto rilevare il sindaco Mundo, di essere il ministro dell’Ambiente e come tale, titolato quantomeno a formulare una proposta di legge. In realtà, come è stato ampiamente riferito, il governo-Monti, attraverso il decreto-sviluppo proposto dal ministro Passera, ha già concesso ben 11 autorizzazioni a 7 grosse compagnie petrolifere di effettuare sondaggi in tutto il Golfo di Taranto, spogliando gli enti comunali e sovra-comunali di ogni sovranità territoriale. Tutto questo, ovviamente non fermerà l’organizzazione messa in piedi nei territori della Calabria, della Basilicata e della Puglia interessati alle trivellazioni, ma occorre prendere atto che le compagnie petrolifere conoscono bene i sentieri su cui inerpicarsi per raggiungere i loro obiettivi, ben sapendo che possono contare sull’importanza e sulla forza… dell’oro nero.
Pino La Rocca