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Lsu-Lpu, la protesta si sposta davanti la sede della Giunta regionale a Reggio Calabria

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Lsu-Lpu a Reggio CalabriaMassiccia la partecipazione dei lavoratori socialmente utili e di pubblica utilità che, nella mattinata di martedì 12 novembre, hanno protestato davanti il Palazzo Campanella di Reggio Calabria, sede della Giunta regionale calabrese, per rivendicare i propri diritti. Gli Lsu-Lpu, impegnati in diversi ruoli all’interno di molti comuni calabresi, rivendicano, a gran voce, la loro stabilizzazione. Assieme a loro molti sindaci di diversi comuni della Calabria, con addosso la fascia tricolore, a sostegno dei lavoratori diventati, ormai, indispensabili per il funzionamento degli Enti locali. “Le manifestazioni di protesta – spiegano i sindacati Usb – di questi precari a vita sono scoppiate nei giorni scorsi, a seguito di notizie non rassicuranti, in cui la Regione Calabria non sembra in grado di programmare la richiesta di stabilizzazione dei  5.200 lavoratori, ma addirittura sembra mettere in discussione il rinnovo della convenzione per il prossimo anno ed il pagamento delle spettanze degli ultimi mesi.”

La presenza di lavoratori è stata unita ed omogenea, grazie anche alla presenta di tutte le sigle sindacali quali: Cgil, Cisl, Uil, Ugl e Usb. Una delegazione dei sindacati, dei sindaci e dei lavoratori, nonostante i momenti di tensione che si sono registrate in mattinata, è riuscita ad ottenere un confronto con il presidente della Regione Giuseppe Scopelliti, oltre con la vicepresidente Antonella Stasi e l’assessore alle politiche del lavoro Nazzareno Salerno, per discutere del problema. L’incontro non ha convinto i sindaci che hanno deciso di restare nella sala delle commissioni per stilare un documento unitario in cui far emergere la loro posizione critica di fronte alle ipotesi prospettate dalla Regione. L’Usb, che guida la protesta, assicura che non si tornerà indietro senza avere ottenuto i risultati richiesti. Una vertenza senza fine, in cui i numerosi precari calabresi non intravedono né un domani né un futuro dignitoso.

Antonio Le Fosse

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