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Alto Jonio, sanità alla deriva. I medici scarseggiano e la strumentazione non funziona

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Foto di repertorio

Sanità sempre più alla deriva: arriva infatti l’estate, il numero dei residenti cresce in modo esponenziale per la presenza dei turisti e la sanità pubblica che fa? Invece di organizzarsi alla meglio per far fronte alla crescita della domanda, incespica, balbetta e mostra il peggio di se stessa. Chiuso da oltre tre anni il “Chidichimo”, assodato che ormai al posto dell’ospedale c’è solo un’ambulanza pronta a partire, andate miseramente a vuoto tutte le promesse della riapertura di alcune divisioni di base e anche di un Pronto Soccorso h/24 solennemente e pubblicamente annunciato dall’ex governatore Scopelliti, ora non si riesce a garantire neanche l’emergenza-urgenza attraverso il 118. Qui i pochissimi medici in servizio operano in gravi di difficoltà, sia perché sono pochi, sia perché devono spesso “arrangiarsi” per essere all’altezza e per ridurre i tempi di rischio del paziente. Tempi che, come è ormai assodato, in molti casi risultano fatali. Questo perché i medici, oltre ad essere pochi ed essere sottoposti a turni di servizio stressanti, sovente non dispongono dei mezzi necessari per svolgere il proprio lavoro. Nei giorni scorsi, infatti, secondo il racconto fatto al cronista dal familiare di un paziente colto da infarto nel corso della notte, non funzionava la tele-trasmissione dell’ECG con la quale i medici del 118 interagiscono con la Cardiologia-Utic di Cosenza e, per inviare l’elettrocardiogramma, il medico di turno ha dovuto incaricare l’autista dell’ambulanza di recarsi all’ex ospedale per trasmettere, via fax,  l’elettrocardiogramma a Cosenza, con l’inevitabile perdita di tempo prezioso per la vita del paziente. Il guasto, si è saputo in seguito, non sarebbe isolato perché pare che l’anomalia duri già da una quindicina di giorni. Il caso questa volta si è risolto positivamente, ma a chi attribuire la responsabilità se lo stesso caso avesse avuto un epilogo diverso, come purtroppo già successo in passato?

Per non parlare poi della diagnostica, che presso il CAPT di Trebisacce viene assicurata con attrezzature vecchie ed obsolete che si rompono spesso e volentieri e obbligano gli operatori sanitari a mandare indietro i pazienti che, quasi sempre, arrivano al CAPT dopo aver atteso per mesi una radiografia, un esame strumentale o un’analisi. La casistica in questo caso è lunga e datata: prima si è rotto il colon-scopio e ci sono voluti mesi per ripararlo, poi si è rotto il mammografo ed anche lì ci sono stati tempi lunghi per la riparazione. Negli ultimi tempi, invece, ha preso a fare le bizze il “tavolo Rx telecomandato” col quale si eseguono gran parte delle radiografie, il quale ha funzionato a singhiozzo per diversi mesi perché si rompeva ogni poco. Ora finalmente è stato riparato ed ha ripreso a funzionare ma, secondo gli stessi tecnici che provvedono alla riparazione, per risolvere alla radice il problema ce ne vorrebbe uno nuovo. Oltretutto si risparmierebbero tutte le risorse sprecate per le frequenti riparazioni. Casi di ordinaria mala-sanità, dunque, che ormai non fanno più storia perché i politici locali sono affaccendati in ben altro. La gente, invece, ormai rassegnata al peggio, ha smesso finanche di protestare. Eppure, se si pensa che da queste parti la sanità specula sulla vita delle persone, si dovrà concludere che i cittadini dell’Alto Jonio sono figli di un Dio minore.

 Pino La Rocca

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