La vicenda, di cui si è occupata la Magistratura ordinaria risale ad oltre quattro anni addietro, allorquando l’amministrazione comunale di Roseto ha deciso di licenziare il dipendente Antonio Pucci il quale, facendo ricorso ad una semplice telefonata, non avrebbe presentato in tempo utile la certificazione medica “redatta da una struttura pubblica” con la quale si chiedeva un prolungamento di congedo per malattia, contravvenendo così, secondo gli amministratori del tempo, alla normativa di regolamentazione della Pubblica Amministrazione emanata poco tempo prima dal ministro Brunetta ma, secondo i legali, non applicabile perché non ancora recepita nei contratti collettivi di lavoro. «Si è trattato dunque – scrive l’avvocato Francesca De Marco legale di punta della UIL provinciale – di una contestazione disciplinare affrettata quanto infondata, che ha finito per sconvolgere la vita privata e sociale del dipendente. Una brutta storia, insomma, – ha commentato l’avvocato De Marco – per il malcapitato dipendente, sul quale, grazie alla sentenza della Corte d’Appello di Catanzaro, è tornato a splendere il sole, con l’affermazione della verità e del diritto». Oltre a sentenziare il reintegro del dipendente, i giudici togati hanno condannato il comune di Roseto Capo Spulico al pagamento di tutte le indennità maturate dallo stesso dipendente dalla data del licenziamento fino al reintegro. «A tutt’oggi però – ha concluso l’avvocato De Marco – nonostante la dichiarazione di disponibilità prodotta dal dipendente, il comune di Roseto C. S. ha messo in campo un atteggiamento dilatorio che continua a ledere la dignità del dipendente e ad arrecargli ulteriori danni».
Pino La Rocca