Castrovillari, Italcementi sbatte la porta. Licenziamenti in vista al cementificio
Italcementi ha detto no. I dirigenti calabresi della società hanno respinto le proposte avanzate da lavoratori e sindacati e tese ad evitare, attraverso un sistema di turnazione e alternanza delle giornate lavorative, la salvaguardia degli attuali livelli occupazionali. «Così, adesso, si aprono le porte del licenziamento per un’ottantina di dipendenti e ed il baratro della disoccupazione per altre decine di persone impegnate nell’indotto», accusa il consigliere regionale Gianluca Gallo, contestando le scelte aziendali, «come sempre fin qui prese in via unilaterale». Ricordato come «nella Calabria citra siano già attivi, o siano destinati a partire nelle prossime settimane, cantieri per opere del valore di circa due miliardi di euro, dunque con notevole richiesta di prodotti cementizi», Gallo accende i riflettori «su decisioni che, se attuate, porteranno al sostanziale smantellamento del cementificio (di Castrovillari, ndr), con il trasferimento della produzione a Matera».
Osserva il consigliere regionale calabrese: «Questo pezzo di Calabria aveva accettato sacrifici ambientali pur di veder nascere il cementificio. Adesso, mentre lo Stato paga la cassa integrazione, vertici imprenditoriali per nulla illuminati pensano a massimizzare i profitti senza tenere in alcuna considerazione il prezzo pagato, e quello che sarebbe pagato, da un territorio in cui la disoccupazione è imperante ed ogni posto di lavoro perduto è un regalo all’emigrazione ed alla criminalità». Ragioni per le quali, conclude Gallo, «non si può permettere che la vicenda si consumi secondo il copione che la Italcementi pretende arbitrariamente di mettere in scena: insieme ai sindaci del comprensorio e mi auguro anche col sostegno della Regione e delle rappresentanze parlamentari calabresi, incalzeremo il Governo perché la Calabria e i suoi problemi diventino questione nazionale e non solo, come vergognosamente accade in queste ore, terra di conquista e di giochi di potere».