Gli ebrei a Castrovillari durante la Seconda Guerra Mondiale. I retroscena in un libro
E’ la storia di un paese, Castrovillari, che negli anni 1940-43, in pieno conflitto mondiale, rientrava in quella ventina di comuni della provincia di Cosenza, scelti dal regime fascista per l’internamento, cosiddetto libero, degli ebrei. E’ la storia di un intero popolo, perseguitato, sterminato nei campi di concentramento, e costretto a non uscire da quel perimetro urbano. A Castrovillari erano internate diverse decine di famiglie di ebrei. Ed è soprattutto la storia di queste famiglie, che per la prima volta viene svelata, grazie al rinvenimento negli archivi comunali di una copiosa documentazione, in un libro di Luigi Troccoli dal titolo «L’internato in oggetto – Tre anni di concentramento in un Comune del Sud – Ebrei a Castrovillari (1940-43)», edizioni Prometeo.
Le condizioni di una vita ristretta e limitata nei movimenti e nella libertà, nei mezzi di sostentamento e nella quotidianità. Una vita da internati, una non-vita. E’ la storia di bambini che scrivevano a Milano, su fogli di quaderno, per chiedere un po’ di cioccolata o vestiti adatti alla loro età, alla Delasem, un’organizzazione ebraica di assistenza. E’ la storia di uno di loro, Lucio Pinkus, che nacque in internamento a Castrovillari e, adulto, diventa medico e docente universitario di psicologia negli atenei di Roma e Venezia.
Ma anche di Leone Treves, apolide, nato a Costantinopoli, l’unico internato che riuscì ad ottenere dal ministero dell’interno un permesso per recarsi a Milano, da dove non rientrò, dandosi alla macchia.
E’ la storia di alcuni ebrei che fuggirono da Bratislava a bordo di una battello a motore, il Pentcho, lungo il Danubio, il mar Nero e l’Egeo, e finirono a Ferramonti e da qui, un paio dinanzi al Tribunale di Castrovillari, da imputati per banali reati commessi in internamento. Ed è la storia di una decina di persone che, non trovando alloggio in città, dovettero essere ospitati nelle stanze e nel corridoio del municipio. Due percorsi contrapposti segnarono la storia di alcune famiglie. Ci fu chi chiese di essere trasferito al Nord e lì, in seguito all’armistizio dell’8 settembre, venne catturato dai tedeschi e ucciso ad Auschwitz, mentre altri riuscirono ad imbarcarsi per l’America, salvandosi dalla deportazione.
Nel libro, vengono, inoltre, pubblicati i processi penali a carico degli internati di Ferramonti, che si tennero presso la Pretura di Spezzano Albanese ed il Tribunale di Castrovillari e documenti che testimoniano che anche la città di Cosenza fu sede di internamento temporaneo per alcune famiglie di ebrei.
Federica Grisolia