Ma don Marcello Cozzi è un prete e il suo libro – che lui definisce “raccolta di fatti” – lo ha scritto “da prete”, con un unico scopo: riportare alla memoria ciò che spesso viene dimenticato. Il libro racconta alcune vicende mai chiarite successe in Basilicata, la sua terra. Tante domande e la convinzione, tra le righe, che la democrazia possa aiutare a fare luce contro quei “poteri invisibili” che sono la negazione della democrazia stessa, in «una società (quella lucana) fatta di gente onesta che si spezza la schiena ma anche di lati oscuri e poteri occulti».
Dalla forte presenza della ‘ndrangheta negli anni ’70 alla nascita dei “Basilischi”, organizzazione criminale nata Potenza nel 1994 e poi estesasi nel resto della Basilicata, che ha assunto un ruolo di controllo delle attività illecite della Regione, dalla bufera mediatica e giudiziaria delle “toghe lucane” al giallo di Elisa Claps, la ragazza trovata morta nel sottotetto della chiesa della Ss. Trinità, diventato emblema di misteri e silenzi in terra lucana. Questi i temi trattati durante l’incontro organizzato dall’associazione di Castrovillari “Solidarietà e Partecipazione”, con il patrocinio del Comune di Castrovillari, a cui hanno partecipato, al tavolo dei relatori (da sinistra, nella foto di Paese24.it), il giornalista Rai Pietro Melia, don Marcello Cozzi, il presidente dell’associazione Ferdinando Laghi, e il commissario straordinario, Massimo Mariani. L’evento è stato dedicato – come riferito dal presidente Laghi – alla memoria di Claudio Rende, il pilota di Castrovillari morto, dopo un mese di agonia, a causa un incidente aereo a Cirò Marina (nello schianto dell’ultraleggero aveva perso la vita anche l’istruttore di volo Maurizio Primavera).
«La Basilicata non è terra di mafia – ha ribadito don Marcello Cozzi – ma è un “pezzo d’Italia” dove accadono eventi positivi e negativi e per chi la ama e ci vive è difficile capire certe dinamiche “oscure”». Per il vicepresidente di Libera questa è l’anima del libro: mai dimenticare i fatti accaduti, perché quelli restano. E «abituarsi a non considerare “normale” ciò che non potrà mai esserlo».
Federica Grisolia