A Plataci, sabato 21 febbraio, e per il secondo anno consecutivo, l’Istituto Comprensivo “Giovanni Pascoli” di Villapiana (CS) con Sede Aggregata Plataci, ha organizzato un evento celebrativo in occasione della Giornata Internazionale della Lingua Madre. Tale giornata è stata istituita dall’UNESCO nel 1999 per promuovere la diversità linguistica e culturale e il multilinguismo nella convinzione che la diversità linguistica è un patrimonio comune e che la scomparsa di una lingua costituisca un impoverimento per l’intera umanità. La data del 21 febbraio è stata scelta per ricordare la drammatica vicenda avvenuta all’Università di Dacca il 21 febbraio 1952, quando le forze di polizia del Pakistan (che allora comprendeva anche l’attuale Bangladesh) repressero nel sangue la sollevazione degli studenti che protestavano per il riconoscimento del bengalese come lingua ufficiale. Da questa vicenda di difesa della lingua prese avvio la lotta per l’indipendenza del Bangladesh.
Celebrare la lingua madre nell’istituzione scolastica platacese non è casuale, in quanto per i platacesi, appartenenti alla minoranza linguistica storica degli arbëresh, la lingua madre (l’arbëresh appunto) non costituisce solo una modo di esprimersi verbalmente ma assume un particolare valore di identità culturale che caparbiamente conservano da oltre cinque secoli nonostante gli stimoli contrari che da sempre, e ultimamente in modo più pressante, ricevono dall’ambiente circostante. Tanti anni fa, come hanno ricordato alcuni dei relatori, gli alunni che, in ambito scolastico, osavano esprimersi in arbëresh, venivano bacchettati. Oggi, invece, che una legge della Repubblica tutela questo patrimonio, alcuni genitori ritengono sconveniente far parlare ai loro figli l’arbëresh ritenendolo, a torto, una cosa inutile o addirittura dannosa. E poi c’è tutta una serie di strumenti di quotidiano, quali tv e computer, che abituano a non esprimersi in albanese. Nonostante questi stimoli “avversi” la maggior parte dei platacesi continua ad esprimersi in arbëresh e a conservare la sua grande ricchezza (come l’ha definita l’ispettore Fusca) rappresentata dalla sua identità culturale che si esplica anche nella sua parlata e che non li indebolisce anzi, li rende più forti. Infatti, come hanno avuto modo di ricordare i relatori, in ambiente scientifico sono ampiamente riconosciute le qualità che le differenze culturali e linguistiche apportano all’intera società.
L’on. M. Brunetti ha esortato la difesa della diversità linguistica che è anche culturale degli arbëreshe richiamando l’attenzione degli insegnanti sulla necessità di “raccontare” agli alunni non solo la storia dominante ma anche il ruolo di primo ordine svolto dagli arbëreshe e, in particolare, dai platacesi nella storia d’Italia. Al riguardo ha ricordato la figura del grande intellettuale e uomo politico del novecento, A. Gramsci, che in una lettera dal carcere ricordava “io stesso non ho alcuna razza; mio padre è di origine albanese…..Tuttavia la mia cultura è italiana, fondamentalmente questo è il mio mondo; non mi sono mai accorto di essere dilaniato tra due mondi. L’essere io oriundo albanese non fù messo in giuoco perchè anche Crispi era albanese, educato in un collegio albanese e parlava albanese”. E i suoi avi provenivano proprio da Plataci.
I lavori del convegno sono stati allietati da canti e poesie arbëreshe intonati e recitati dagli alunni della scuola primaria e secondaria diretti dal maestro G. Avantaggiato. A rendere ancora più suggestive le rappresentazioni hanno contribuito anche i magnifici costumi tradizionali e originali indossati da alcune alunne. Erano presenti e hanno recitato le loro poesie arbëreshe, vincitrici di premi prestigiosi, il poeta Giovanni Troiano e l’alunno Silvio Brunetti.
Caterina Dramisino