Amendolara si prepara a festeggiare San Vincenzo. Attesa per il ritorno degli emigrati e i tradizionali “fucarazzi”
In occasione della festività religiosa e civile in onore di San Vincenzo Ferreri, Patrono di Amendolara, torneranno al natio loco alcuni amendolaresi emigrati a Cerano (NO) – Comune piemontese gemellato con Amendolara – a Trecate (NO) e a Vigevano (PV). Insieme con loro faranno visita alla cittadina dell’Alto Jonio Cosentino un nutrito gruppo di persone della città di Novara.
L’arrivo in pullman è previsto per la mattinata del giorno 26 (mentre in serata accensione di un falò alla Marina di Amendolara, ndr). Tra gli ospiti c’è anche la Compagnia del Ciuccio, gruppo teatrale di Cerano, che, con la commedia ‘A mùta zùpa, scritta dalla signora Maria Bradascio (presidente della Compagnia), si esibiranno in Amendolara Centro, nell’Auditorium “Enrico Cappa” (ex palestra scuole elementari).Le associazioni culturali, presenti sul territorio, si stanno organizzando per far da guida e far conoscere ai graditissimi ospiti le peculiarità amendolaresi. La sera del 26 aprile, il sindaco Ciminelli accoglierà nella Sala Consiliare gli ospiti.
Il 27 mattina si procederà alla visita di Musei, Chiese e Centro Storico. A mezzogiorno, la comitiva si porterà presso la Masseria Cielogreco del dottor Teofilo Blefari-Melazzi, in agro di Amendolara, dove il gruppo teatrale, tra una pitta, una salsiccia alla brace e del buon vino, procederà alle prove per il debutto del 29, alle ore 21.00.
Nelle sere del 27 e 28 ci sarà la tradizionale accensione dei falò, in gergo, fucarazzi, a venerazione del Santo Patrono. Antichissima e sentita tradizione popolare, che si perde nella notte dei tempi, e che richiama gli antichi riti silvestri pagani, riti con valore apotropaico, ossia per allontanare ed esorcizzare l’inverno, e annunciare la primavera e propiziare abbondanti raccolti. Con devozione e agonismo, i giovani di ogni rione allestiscono alti e maestosi falò, fatti con le potature degli ulivi e con sterpaglie varie, sostenute da un palo di pino conficcato nei larghi del paese: si racconta che il più grande fucarazzo un tempo veniva fatto con cento fascine, offerte dalla famiglia Ettorre, conduttori della locale Masseria Lista.
Danze, canti, banda musicale e tanta sfrenata allegria circondano i gran falò, che ardono scintillanti e con lunghissime fiamme a illuminare e riscaldare quasi il cielo. E così si procede, fino a notte inoltrata, da falò a falò, da rione a rione del Borgo, del Convento e del Centro Storico. Qui, tra le vinelle (le caratteristiche strette vie di Amendolara Centro), è il luogo adatto e tanto atteso dai giovani, dove si mettono in pratica i così detti ppundìlli. Antica, e diremmo goliardica, usanza dei giovani che ostacolano, puntellano appunto, nei vicoli il procedere delle persone, mentre altri ragazzi, dietro, spingono i mal capitati all’interno delle strettoie.
Il 29, Domenica, si conclude la festività del Santo Patrono con le solenni funzioni religiose officiate nella Chiesa Madre da Mons. Francesco Gimigliano, titolare della Parrocchia di Santa Margherita Vergine e Martire.
Il culto di San Vincenzo, monaco domenicano, è introdotto in Amendolara proprio dai Padri Predicatori Domenicani. Questi sono presenti, sul territorio amendolarese, dalla metà del XV sec. fino agli anni ’30 dell’800, quando subentrano, poi, i Frati Francescani Minori Osservanti, che occupano il Convento (attuale Palazzo Grisolia) e l’annessa Chiesa di San Domenico, fino a poco dopo l’Unità d’Italia. Con l’avvento dei Domenicani si ha in Amendolara (possiamo ipotizzare per circa trecento anni) un doppio patronato religioso, ossia a Santa Margherita Vergine e Martire si affianca San Vincenzo Ferrer; poi, con l’andar degli anni, la statua votiva di Santa Margherita viene allontanata dall’Altare Maggiore, e collocata su un altare laterale, ultimato nel 1741. È forse da questo periodo che Amendolara perde la sua prima patrona, cedendo il posto al solo San Vincenzo Ferreri, pur mantenendo, la Santa, la titolarità della Chiesa Madre. Le due nicchie, laterali all’Altare Maggiore, vengono occupate, quindi, a sinistra dalla Madonna del Rosario (della quale i Padri Domenicani hanno una gran devozione) e a destra da San Vincenzo, come si può ancor oggi osservare.
Antonio Gerundino