Ospedale Trebisacce, diritto salute non si cerca in altre regioni. Scura “stecca” anche sulla legge
Le parole del Commissario alla Sanità calabrese, il 72enne Massimo Scura, continuano a riecheggiare nell’Alto Jonio cosentino e sembrano, almeno per il momento, aver frenato ogni entusiasmo che si era acceso all’indomani della sentenza del Consiglio di Stato che ha stabilito come il punto di primo intervento (PPI) attualmente esistente presso il presidio di Trebisacce non consente il rispetto dei LEA (Livelli Essenziali di Assistenza). Ma il commissario Scura avrebbe riferito, come riportato da più fonti, che il territorio dell’Alto Jonio non ha i numeri per garantirsi un ospedale degno di questo nome e che quindi i suoi “quattro gatti” di cittadini possono utilizzare i presidi sanitari di Policoro, Taranto o Bari.
Ammortizzato lo choc per questa teoria del commissario, con tutte le condanne unanimi del caso avvenute in questi giorni da parte di sindaci, associazioni, cittadini dell’Alto Jonio, a fare ancora più luce sulla vicenda sono gli avvocati Luca D’Alba, Vincenzo D’Alba e Giuseppe Urbano, i quali sono intervenuti ad adiuvandum, a suo tempo, per conto della Vulnera S.r.l., della Pro Loco di Trebisacce e dell’associazione Amici del Cuore, nel giudizio introdotto dal Comune di Trebisacce avverso gli atti della Regione Calabria, andato poi a buon fine. I tre legali in una lettera di stamattina (giovedì) allo stesso Scura; al presidente della Regione Calabria, Mario Oliverio; al presidente del Consiglio, Matteo Renzi e al ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, vanno oltre le dichiarazioni “fuori luogo” del commissario ad acta, e giurisprudenza alla mano affermano che, all’indomani della sentenza del Consiglio di Stato, «esiste un preciso obbligo conformativo da parte della Regione Calabria di dotare il presidio di Trebisacce di una struttura idonea a gestire le predette emergenze ed al riguardo il Consiglio di Stato ha stabilito che il rispetto dei LEA nel piano in parola non può formalmente dipendere da scelte di programmazione sanitaria di competenza del Servizio sanitario della Regione Basilicata». Da quanto emerge, un commissario in questi casi non dovrebbe far altro che applicare la sentenza e non addirittura smentirla indicando alternative, tra l’altro, da quanto fanno notare anche gli avvocati D’Alba e Urbano, paradossalmente in contrasto con gli stessi interessi della Regione Calabria.
«Si chiede inoltre – si legge nella lettera – che venga verificato se le dichiarazioni del Commissario Scura siano compatibili con il ruolo e le funzioni istituzionali che svolge, valutando anche se le stesse, nella parte in cui invitano i cittadini calabresi a curarsi fuori regione, possano indurre a produrre un danno erariale alla Regione Calabria, in palese contrasto con le finalità del Piano di Rientro», contrasto – aggiungiamo noi – già palesemente in auge al momento stesso della chiusura dell’ospedale nel 2011. Alla luce di questo, i tre legali invitano Scura ad agire senza indugi per ottemperare alla sentenza e contestualmente esortano il ministro alla Salute a monitorare la situazione per garantire il rispetto della legalità e la tutela di un territorio stanco di essere considerato di serie B.
Vincenzo La Camera