E’ la storia di una terra e di chi va via da questa terra. Una storia lunga oltre cento anni che racconta un fenomeno massiccio, di speranza e sofferenza. Si chiama emigrazione e riporta al passato. Ma in realtà non si è mai fermato. Si è discusso durante un convegno organizzato dalla CGIL Pollino Sibaritide Tirreno, in cui è stato presentato “Calabria Migrante”, il primo resoconto del Centro di Ricerca sulle Migrazioni che ha sede all’Università della Calabria, curato da Vittorio Cappelli, Pantaleone Sergi e Giuseppe Masi. L’incontro è stato introdotto da Francesco Spingola, segretario generale CGIL Calabria che ha esposto i punti salienti del volume: l’analisi di un periodo storico a cavallo tra il XIX e il XX secolo, del processo migratorio dalla Calabria verso l’Argentina (precisamente 450mila, il 15% dell’emigrazione italiana), il Brasile, l’Uruguay, gli Stati del Nord America e, dagli anni ’50, Canada e Australia, le motivazioni sociali che hanno spinto al fenomeno e il legame tra locale (la terra di partenza) e globale (terra d’arrivo).
E’ un libro multidisciplinare, che va oltre gli studi accademici di storici e ricercatori per narrare le esperienze dirette di chi è stato protagonista. Su questo aspetto si è soffermato anche il presidente dell’Ente Parco Nazionale del Pollino, Domenico Pappaterra, il quale ha parlato di «un fenomeno che continua e riguarda soprattutto i giovani laureati alla ricerca di lavoro e che, forse, cesserà quando l’Italia tornerà a garantire “tranquillità sociale” in ambito occupazionale». Poi la parola è toccata ai due autori del libro che hanno raccontato l’importanza del fenomeno dell’emigrazione, proprio perché legata al presente e in quanto «risorsa». Vittorio Cappelli si è soffermato, tra gli altri aspetti, legati a cinque generazioni con la valigia, uniti dalla stessa voglia di cambiamento, sul processo di trasformazione che riguarda non solo la terra in cui i calabresi sono approdati ma anche sui luoghi d’origine. Una vita di sofferenza – come ha sottolineato Pantaleone Sergi – perché chi arrivava in un nuovo mondo era spaesato, «analfabeta, non conosceva la lingua e la cultura con cui andava a confrontarsi e l’unico modo per tutelarsi e conservare un legame con la propria identità era riunirsi in associazioni di mutuo soccorso, con la lingua, le scuole e i giornali italiani». Sono intervenuti, inoltre, Angelo Sposato, segretario generale CGIL comprensoriale e Michele Gravano, segretario generale CGIL Calabria.
Il volume – ha spiegato Cappelli – è un punto di partenza per rilanciare nuove ricerche», perché basta guardarsi intorno e ci sarà sempre un rapporto con il passato, l’altro e il fenomeno migratorio.
Federica Grisolia