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Sanità, la nuova idea di Scura. Ma il PPI di Trebisacce resta una “trappola”

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Area chirurgica a Rossano, area medica a Corigliano, un PPI a Trebisacce (nella foto) e uno a Cariati: questo sembra prevedere, nelle more che prima o poi si realizzi l’ospedale nuovo, il Piano predisposto dal commissario Scura per la fascia di territorio che ricopre idealmente l’area dell’ex Asl n. 3 di Rossano che va da Rocca Imperiale a Cariati. E verso questa direzione, nonostante le proteste istituzionali e di piazza registratesi nei territori e le parole rassicuranti del presidente Oliverio, sembra stia muovendo la politica sanitaria regionale. Una politica che però, secondo l’opinione pubblica e le valutazioni fatte dagli addetti ai lavori, non aggiunge niente di nuovo alla carente situazione attuale ma, come se le cose andassero bene, si limita solo a spostare strategicamente le pedine sulla scacchiera di una sanità che invece fa acqua da tutte le parti e andrebbe potenziata restituendo alla Sibaritide almeno una parte dei posti-letto che sono stati scippati con la chiusura, prima della Clinica di Sibari e, successivamente, degli ospedali di Trebisacce e di Cariati. Circa 250 posti-letto che sono spariti nel nulla e che hanno finito per mettere in crisi l’ospedale-spoke di Rossano-Corigliano che non riesce più a soddisfare le esigenze di una popolazione di oltre 200mila abitanti.

Con la prevista unificazione delle Divisioni di Chirurgia e Medicina, l’una a Rossano e l’altra a Corigliano, sempre secondo il sentire comune, sarà ancora più problematico far fronte alle esigenze sanitarie di questa enorme fetta di popolazione e, soprattutto, sarà ancora più complicato fronteggiare le emergenze sanitarie, per cui la gente, soprattutto quella della periferia, continuerà a morire nelle ambulanze prima di mettere piede un ospedale-spoke. Emergenze che certamente, secondo gli addetti ai lavori, non saranno in grado di gestire i due PPI previsti a Trebisacce e Cariati che, così come sono impostati anche per il futuro, continueranno a rappresentare due “trappole”, sia per i pazienti che vi si rivolgono convinti di trovare un Pronto Soccorso attrezzato, sia per i medici che vi operano, costretti a fronteggiare con le mani nude emergenze sanitarie che, oltre a un infermiere e un medico e all’aggiunta di anestesista-rianimatore, richiederebbero la presenza di un Chirurgo, di un Cardiologo e di un’unità coronarica mobile, perché la casistica insegna che la maggior parte delle emergenze è di natura cardiologica. E’ chiaro che nessuno si aspetta la riapertura degli ospedali chiusi ed il ritorno al passato, perché le casse sono al secco anche per la dissennata politica sanitaria portata avanti nel passato, ma è verso questa soluzione, bandendo le polemiche astiose e gli isterismi esasperati, che deve muovere lo sforzo sinergico di amministratori e “governance”, in attesa che la sanità calabrese esca finalmente dal tunnel.

Pino La Rocca

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