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Canna, chiude centro Riabilitazione disabili. Adaj: «Tanti giovani e adulti abbandonati al loro destino»

Continuano nell’Alto Jonio i tagli alle strutture sanitarie: dopo l’ospedale di Trebisacce ha infatti chiuso i battenti anche l’unico Centro di Riabilitazione destinato ai disabili in funzione nel comune di Canna. La stessa struttura, realizzata dal comune e attrezzata senza risparmio di risorse dalla Regione Calabria, resterà chiusa e inoperosa mentre i portatori di handicap dovranno reinventarsi un’alternativa sottoponendosi ad estenuanti peregrinazioni.

Ne ha dato notizia la signora Caterina Pisilli presidente dell’Adaj (associazione disabili Alto Jonio) la quale si dice «mortificata e delusa nei confronti della regione Calabria che nega un minimo di assistenza a tutti i disabili del Distretto Sanitario di Trebisacce. Si tratta – scrive la signora Pisilli – di persone affette da patologie complesse, che ne limitano le funzioni psichiche e sensoriali e quindi di per sé sfortunate, la cui sorte ricade come un pesante fardello sui familiari che se ne accollano il peso dalla nascita fino alla morte. Siamo tutti consapevoli – aggiunge il presidente Adaj – che non esistono cure mediche o chirurgiche che possano far riacquistare loro la perduta autonomia, ma siamo altrettanto convinti che la medicina oggi ha elaborato determinate pratiche terapeutiche che vanno sotto il nome di “riabilitazione” che, se praticate con scrupolo e professionalità, e soprattutto con metodicità da personale esperto, possono stabilizzare la malattia e condurre ad un accettabile livello di autonomia».

La fondatrice dell’Adaj ripercorre poi il lungo calvario dell’iter di apertura di questo Centro che per la verità, dopo anni di lotte e di pressioni per ottenere la gestione diretta da parte della Regione Calabria, era stato affidato all’AIAS di Potenza, con l’autorizzazione di sole 36 prestazioni ambulatoriali al giorno e, nonostante l’esito favorevole di una visita ispettiva sulla qualità delle prestazioni fornite, a nulla sono valsi i tentativi della stessa Aias di aumentare le prestazioni. «Nonostante tutto  – scrive la signora Pisilli – l’AIAS di Potenza ha continuato a garantire assistenza riabilitativa a circa 70 disabili, tra cui minori ed anche adulti, con una lunga lista d’attesa perché non era possibile accontentare tutti. L’Aias ha praticamente assicurato un’adeguata riabilitazione a tutto il Distretto Sanitario di Trebisacce, fino a Sibari. A questo punto però  l’Aias  ha detto basta: non è possibile fornire assistenza senza nessuna certezza. Così – rivela la Pisilli – il centro è stato chiuso ed ora i familiari dei disabili non sanno più a che santo votarsi. Cosa devono fare? Dove andare per ricevere cure e assistenza? E poi, cosa ne sarà di una struttura di quelle dimensioni messa a norma e attrezzata con fondi pubblici? I nostri figli – aggiunge come accorato appello di mamma la signora Pisilli – hanno necessità di terapie riabilitative. Non chiediamo mica la luna, ma solo assistenza.

Il nostro appello va dunque al governatore Scopelliti, affinché trovi al più presto una soluzione adeguata al nostro dramma. Siamo ben consapevoli delle difficoltà economiche, ma non si può  chiudere la porta in faccia al bisogno. Si tratta in fondo di prestazioni non facoltative ma obbligatorie che la Regione è tenuta ad assicurare e che rientrano nei livelli minimi di assistenza previsti dal sistema sanitario nazionale e devono perciò essere garantite a tutti».

Pino La Rocca

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