Fusione Comuni, la Presila ci prova. Opportunità per Alto Jonio sempre più spopolato
Cinque piccoli comuni della Presila cosentina hanno deciso di fondersi in un unico ente. Una scelta strategica dettata dai tempi ha spinto le Amministrazioni comunali di Casole Bruzio (2536 ab.), Pedace (1.964 ab.), Serra Pedace (999 ab.), Spezzano Piccolo (2100 ab.) e Trenta (2727 ab.) ad intraprendere il procedimento di fusione in concerto con la Regione Calabria, sulla scia del finora unico esempio calabrese che ha visto negli anni ’70 i comuni di Lamezia, Sambiase, Nicastro e Sant’Eufemia fondersi nel comune di Lamezia Terme, con gli altri tre centri divenuti circoscrizioni comunali. L’azione congiunta dei comuni della Presila può essere uno stimolo affinché possa iniziare un dibattito serio sulla questione per portare il Consiglio regionale ad intraprendere le necessarie iniziative legislative a cominciare dal referendum per le popolazioni interessate. Tanti amministratori calabresi devono fare i conti con uno spopolamento dilagante dei piccoli centri (in Calabria su 409 comuni, 223 sono al di sotto dei 3000 abitanti). A cominciare dall’Alto Jonio cosentino, con 14 dei 16 comuni che non raggiungono i 3000 abitanti. Con Castroregio, Plataci, Nocara, San Lorenzo Bellizzi, Alessandria del Carretto, Canna che non annoverano nemmeno mille anime.
Proprio l’Alto Jonio con le sue caratteristiche geografiche e culturali si presenta come un territorio prediletto per poter intraprendere un simile discorso, che davvero potrebbe essere l’ultima spiaggia per la sopravvivenza. Tanto più che in altri comprensori, la fusione dei comuni nell’Alto Jonio cosentino si rende necessaria poiché ad oggi non si intravede nessun’altra alternativa politico-amministrativa per preservare dal costante spopolamento questo spicchio di Calabria ai confini con la Lucania. Le potenzialità turistiche sono rimaste tali da decenni, le carenze infrastrutturali e sanitarie sono addirittura peggiorate, nessuno (qualora qualcuno lo avesse mai fatto in maniera seria nel passato) investe più da queste parti. Nel giro di pochissimi anni l’Alto Jonio non sarà nemmeno più quel bacino di voti allettante per le varie tornate elettorali che ha permesso ai buona parte dei suoi abitanti di vivere di assistenzialismo e voti di scambio. Serve un cambio di marcia che probabilmente gli amministratori che si stanno succedendo non sono stati in grado e non sono in grado di attuare anche perché i fatti parlano chiaro: l’Unione dei Comuni continua a non lasciare alcun traccia, i vari sodalizi che si sono creati provando ad avvicinare pubblico e privato annaspano (in ultimo il Distretto Rurale Alto Jonio). Inoltre, a parte la sporadica e forse frettolosa proposta di fusione tra i comuni di Amendolara e Roseto, lanciata dal sindaco del “paese delle mandorle” Antonello Ciminelli, in nessun altra circostanza l’opportunità promossa dal Ministero dell’Interno è stata mai presa in considerazione.
Alla luce di questo che ben vengano le proteste dei sindaci dei piccoli comuni (in ultimo nell’Alto Jonio, Nocara) sempre più abbandonati al loro destino per i continui tagli ai trasferimenti del Governo Centrale; ma è pur vero che gli amministratori locali devono far i conti con una situazione amministrativa radicalmente modificata, prendendo in considerazione nuove opportunità di gestione consorziata della cosa pubblica, altrimenti i paesini (la ricchezza culturale, enogastromica e storica dell’Italia) scompariranno. E quelli del Meridione ancora più velocemente. Certo, la fusione, prima che un discorso burocratico, è un aspetto culturale, in un territorio dove seppur l’accoglienza sia di casa, convivere con il proprio vicino è stato sempre difficile. Soltanto se non è lungimiranti e consapevoli delle proprie forze, si può credere alla favoletta che la fusione porti ad una perdita di identità di un comune. Cosa si sta facendo oggi per la conservazione dell’identità? In tanti piccoli centri stanno chiudendo anche le scuole, il baluardo dell’identità di un popolo. La chiusura di una scuola è solo la punta dell’iceberg, frutto di anni e anni di politiche amministrative sbagliate, o ancor più grave, inesistenti. Sicuramente amministrare un piccolo comune con risorse esigue non è facile. Dunque, anche per questo, i sindaci dovrebbero provare a fare scelte coraggiose, lasciando un segno nel loro mandato di cui potranno beneficiarne le generazioni future. Basta risalire lo Stivale per rendersi conto di come tanti piccolissimi comuni, con meno ricchezze naturali e culturali dei centri dell’Alto Jonio cosentino, si sono dati una dimensione resistendo alla crisi o addirittura, sfruttando la crisi per ingegnarsi e svilupparsi. Bisogna rimboccarsi le maniche, sono finiti i tempi del “Piove, Governo ladro”. (Nella foto in alto la via principale di Castroregio)
Vincenzo La Camera
Le fusioni, se fatte con senso, sono un ottimo metodo per ottenere peso politico e sconfiggere la crisi economica dilagante.
Ero anch’io di questa opinione fino a poco tempo fa, ma mi sono radicalmente ricreduto. Bisognerebbe partire da una semplice considerazione. I comuni intorno a Cosenza sonodi fatto in simbiosi con Cosenza. Questo non è fenomeno recente, ma direi che è così da sempre. “Cosenza e i suoi Casali” è sempre stato il nome e in cognome di Cosenza. Un rapporto di indipendenza e di reciproco rispetto. Prma dell’ottocento e della restaurazione borbonica c’era anche una forma di democrazia partecipata che univa cosenza e tutti i Casali. Casali ripeto non comuni, sinonimo di Cedole o di Università (così chiamate le assemblee che si tenevano per ogni casale). Una Svizzera in miniatura che antichi atti di notai casalini e cosentini registrarono con maniacale precisione: ordini del giorno, decisioni, elezioni, ecc ecc. E tra i Casali c’era anche Torzano/Borgo Partenope, Sant’Ippolito e Donnici. Casali anche loro. In questi ultimi anni io noto che il processo di globalizzazione ha portato a far emergere le comunità vere, quelle con una Storia, e la voglia di affermare le proprie identità e i segnali in questo senso sono infiniti, basta avere la sensibilità di vederli. Credo che la soluzione sia la creazione di un’area urbana che riconosca le peculiarità, le differenze e soprattutto l’identità di tutti, anche quelle di quelli che cosentini lo sono da poco o da una generazione, questi chiedessero chi sono e da dove vengono ai propri nonni per scoprire le proprie ricchezze. Una sorta di Città metropolitana in modo tale che il problema del traffico e del collegamento con Rende sia anche del sindaco di Celico e di Pedace e la discarica di Celico sia anche un problema del Sindaco di Cosenza. Una orgogliosa e ricca Grande Cosenza
Non la penso affatto come l’autore dell’articolo.Io sono un Amendolarese e tale voglio rimanere per sempre.Penso che la crisi economica che attanaglia i comuni sia dovuta solo e semplicemente ad una politica centrale scellerata e inconcludente.Tutto è proporzionale al numero degli abitanti di un paese :servizi vari e necessari apparato burocratico,scuola,sanità e via scorrendo.Del resto ,lo sappiamo tutti che esistono ancora in ogni parte d’Italia enorme sacche di sperpero del denaro pubblico.