25 novembre. Giornata internazionale contro la violenza sulle donne. Fioccano le iniziative, si moltiplicano le riflessioni, si pensa alle donne uccise, violentate, picchiate, oppresse, perseguitate, il più delle volte tra le mura di casa, da chi si crede di amare. I dati parlano chiaro: il 35% delle donne nel mondo ha subito violenza. Ma quelli sono numeri. Ciò che resta è il dolore. Il dolore nel guardare negli occhi il padre dei propri figli, l’uomo che si amava, occhi estranei; ascoltare quelle parole, vedere quelle mani che colpiscono una volta, due, tre, fino alla promessa di “cambiare”, per poi ricominciare ad essere vittime. Vittime di quel dolore, della paura di denunciare, dell’isolamento, spesso di quell’amore malato. Un amore che non è amore, un rosso – come quelle scarpe simbolo di una tragedia – che diventa sangue, uomini che dimenticano di essere umani, una realtà che diventa un incubo, una donna che diventa oggetto di proprietà. Un dolore che non va più via, nemmeno quando si riesce a rinascere. Perché le donne sono forti e – se qualcun altro non decide per la loro vita – riescono a rialzarsi.
Quella di oggi non è una giornata istituita a caso. Nel 1960 tre sorelle, mentre si recavano a far visita ai loro mariti in prigione, furono bloccate sulla strada da agenti del Servizio di informazione militare. Condotte in un luogo nascosto nelle vicinanze furono torturate, massacrate a colpi di bastone e strangolate, per poi essere gettate in un precipizio, a bordo della loro auto, per simulare un incidente. Si tratta delle sorelle Mirabal, considerate esempio di donne rivoluzionarie per l’impegno con cui tentarono di contrastare il regime di Rafael Leónidas Trujillo. La Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne è stata poi istituita dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite nel 1999. E ora, dopo tanti anni, si ricorda un fenomeno che non accenna a diminuire e ad arrestarsi. Un modo per rompere il silenzio. Donne amate, rispettate, protette. Da un abbraccio. Da un sorriso. Da uno sguardo. Dalla legge. Questo è ciò che vorremmo sentire dalla cronaca. Perché il rosa non diventa mai nero.
Federica Grisolia