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Calcio senza età. A Longobucco la favola di un padre che gioca nella stessa squadra dei figli

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Una vita spesa a rincorrere un pallone. Enzo Licciardi ha 54 anni, di cui 38 di “onorato servizio” all’interno del mondo del calcio. Difensore centrale, Licciardi (nella foto in alto con i figli) fa il suo esordio in un campionato dilettantistico nel lontano 1977, tra le fila del Calopezzati, in terza categoria. Di seguito una sequela di squadre e un peregrinare tra varie realtà calabresi: Acri (Promozione), Corigliano (Interregionale; il vecchio Campionato Nazionale Dilettanti) e Mirto tra le casacche indossate. Successivamente il ritorno nella “sua” Longobucco, dove si divide tra il suo lavoro di dipendente dell’A.Fo.R. e l’impegno domenicale con la maglia della Polisportiva Themesen (nella foto in basso la rosa della squadra), che attualmente milita in terza categoria.

In totale sei promozioni in carriera (quattro con la squadra del suo paese), una voglia matta di continuare a giocare a calcio e inseguire imperterrito un pallone tra i campi polverosi della periferia calabrese. «Non posso vivere senza calcio – ha spiegato candidamente Licciardi (nella foto a sinistra con il figlio Francesco) – ed è questo lo stimolo più importante che mi permette di andare avanti. Gli anni avanzano, è vero, ma per fortuna ho mantenuto sempre una certa condizione fisica, anche perché non ho mai avuto eccessi o vizi. Sono consapevole – ha proseguito Licciardi – che prima o poi dovrò smettere di giocare, ma fino a quando riuscirò a “tenere a bada” avversari più giovani di me e a dare un contributo importante alla mia squadra, continuerò a divertirmi rincorrendo un pallone».

Ma la peculiarità è che Enzo non è il solo Licciardi presente nella rosa della Polisportiva Themesen. Nel Longobucco figurano, infatti, anche i due figli: i gemelli diciannovenni Francesco e Alfonso. Centrocampista il primo, attaccante (con un passato nella Beretti dell’Ascoli e del Cosenza e una breve esperienza nella prima squadra del Rende) il secondo. Una passione per il calcio e per la squadra del paese natio che Enzo ha trasmesso ai suoi due ragazzi. «All’interno del rettangolo di gioco – ha tenuto a sottolineare Enzo – sporadicamente devo rimproverare i miei figli. Ovviamente lo faccio in maniera costruttiva. Voglio fargli capire che il rispetto degli avversari è una prerogativa fondamentale. In tutti questi anni di attività da calciatore ho saputo guadagnarmi la stima dei compagni di squadra e dei miei “rivali” non perché ho assunto atteggiamenti da “guascone”, ma perché ho avuto sempre un comportamento leale e corretto».

Correttezza, lealtà e rispetto, qualità che Enzo ha trasmesso ai suoi figli, differenziandosi da quei genitori che bramano dalla voglia di vedere i loro ragazzi affermarsi nel mondo del calcio, trasformando la passione in un business. «Ho sempre detto ai miei ragazzi – ha evidenziato Licciardi – che quando si gioca a pallone l’importante è divertirsi. L’esperienza in altri club di mio figlio Alfonso, che ha tentato il salto nel grande calcio, mi ha fatto ben comprendere i tanti interessi che ruotano dietro a un pallone. Meglio godersi con spensieratezza e allegria questo sport,  soprattutto quando si milita nelle categorie minori». Un elogio a riscoprire i valori più sani del calcio, e le parole di Enzo andrebbero prese come modello dai tantissimi atleti che la domenica gravitano nei campi della periferia del pallone.

Pasqualino Bruno

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