Quattro personaggi. Una sala d’attesa, dove si aspetta l’arrivo di qualcuno o, forse, qualcosa. Una parola mai pronunciata. Un tempo scandito da quattro orologi. E una catena, che lega questi personaggi tra loro, in maniera forzata, nella stessa condizione di sottomissione al tempo che passa e li rende prigionieri di una ciclicità ridondante. Ciò che, del resto, accomuna la condizione umana. Pensare, mangiare, riposare, giocare. Tutto in maniera quasi automatica solo per ingannarlo quel tempo e per… aspettare. Nel frattempo, però, basta fermarsi un attimo e tutto può succedere. E’ “Sala d’attesa”, l’ultimo lavoro teatrale targato Khoreia 2000, scritto e diretto da Rosy Parrotta. Sul palcoscenico del “Sybaris” di Castrovillari, ieri (venerdì 20 maggio), per la “prima” dello spettacolo, Giovanni Pisani, Emanuele Piroli, Pasquale Praino, Nicola Graziadio e Angela Micieli.
L’amore, il sesso, la politica, il gioco, il riposo, la necessità di alzare la testa, di scegliere, di rischiare e impegnarsi per ottenere qualcosa, tutto fa parte della vita. E poi c’è quella parola, la morte, che spaventa pronunciare, forse proprio perché allontana da quella routine, dalla normalità che a sprazzi regala anche felicità, tranquillizza ma rende schiavi. Perché il tempo, in quella sala d’attesa diventa uno stile di vita. Dialoghi a tratti serrati, musica, movimenti, il buio, a volte, spezzato solo da lucine, tutto scandisce la logica degli eventi. Tranne una figura. Bianca, onirica, soprannaturale. Una donna. Una voce lieve. Forse quel qualcuno che attendevano nella sala d’attesa o, forse, semplicemente ciò che solo l’immaginazione può vedere. La passione, la volontà, i sogni, sono l’unico antidoto a quella perenne sala d’attesa che è la vita. Bisogna fermarsi, riflettere, pensare, ma mai rimanere fermi. Altrimenti l’unico modo per essere liberi da quelle catene non resta che la morte. Contro il tempo non si vince o forse contro quell’attesa non si vince. Perché, ad esempio, certi legami il tempo lo sfidano, sfidano la logica, sono semplicemente destinati ad essere.
Federica Grisolia