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Trebisacce, arance senza mercato. «Così la festa non serve a nulla. Non c’è programmazione»

Archiviata tra luci e ombre la “Festa del Biondo Tardivo” di Trebisacce si è aperto il dibattito sul destino sempre più a rischio dell’arancia tipica di Trebisacce, denominata tardiva perché grazie al particolare micro-clima della zona riesce a stare sull’albero fino a giugno inoltrato. Un tempo i proprietari degli aranceti, con il ricavato della vendita delle arance, sostenevano la famiglia e facevano studiare i figli all’Università. Oggi le stesse arance, per una serie di ragioni che a Trebisacce conoscono tutti, non ha mercato e tanti “vignaruli”, scoraggiati dai pochi centesimi offerti per la commercializzazione (20/30 al chilo) preferiscono farla marcire sopra e sotto gli alberi perché con il ricavato non si riesce a coprire neanche le spese.

Nel dibattito è intervenuto in modo forte e provocatorio Giuseppe Gargiullo (nella foto) la cui famiglia da più generazioni si occupa della intermediazione e della commercializzazione del “biondo”. «Purtroppo sono costretto a registrare – ha esordito Gargiullo lamentando innanzitutto di non essere stato coinvolto – il malcontento e la delusione, prima tra tutti mia personale, nonché quella della stragrande maggioranza dei produttori e commercianti, per l’organizzazione e la gestione della festa. Infatti, non siamo stati né interpellati ma neppure invitati a partecipare alla pubblicizzazione di un prodotto, il “biondo” di Trebisacce, che solo grazie a grandi sacrifici personali, economici e di tempo, ancora esiste sul mercato, nonostante l’anzidetta produzione, in virtù di decenni di politiche sbagliate, ad oggi risulta evidentemente anti-economica».

Detto questo Gargiullo contesta l’utilità della festa stessa: «Non basta organizzare una improvvisata “festa” per due giorni all’anno… per far conoscere il prodotto fuori dalle piccole mura di Trebisacce. Una proficua e seria opera di pubblicizzazione (marketing) del prodotto, non passa solo attraverso qualche selfie sorridente del politico locale di turno o con l’installazione di qualche camion di panini, ma passa attraverso una programmazione quotidiana e un’opera di promozione del prodotto, fatta in campo regionale e nazionale, al fine di attrarre gli investitori di fuori Regione. E’ troppo facile – commenta Gargiullo portando a modello il limone IGP di Rocca Imperiale ormai noto nella filiera agro—alimentare nazionale – ricordarsi del “biondo” due giorni all’anno, mentre per i restanti 363 giorni non si riesce a mettere in campo una sia pur minima strategia che passi anche attraverso la richiesta di un marchio IGP del “biondo” che possa finalmente lanciare il prodotto sul mercato nazionale.

Non chiediamo né contributi né assistenzialismo, chiediamo solo – ha concluso Giuseppe Gargiullo – di essere protagonisti del nostro destino, chiediamo che la politica si metta finalmente al servizio degli operatori del settore e dei cittadini, e non il contrario, chiediamo di non essere solo ricordati durante le campagne elettorali, vogliamo esclusivamente una programmazione seria, svolta quotidianamente, che passi attraverso la conoscenza delle esigenze e delle problematiche del settore, che non può prescindere dal coinvolgimento degli stessi operatori, sino ad oggi abbandonati al proprio destino, che vengono contattati solo quando c’è da regalare qualche cassetta d’arance, per far sì che qualcuno possa autocelebrarsi, mentre il “biondo”, abbandonato a se stesso, sta oramai definitivamente morendo».

Pino La Rocca

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