Nella foto, la basilica di San Benedetto a Norcia (Pg) crollata in seguito all’ultimo evento sismico del 30 ottobre
«I sindaci calabresi rinuncino ai concerti e alle feste di piazza e pensino a mettere in sicurezza le abitazioni ed in particolare gli edifici pubblici, perché un eventuale terremoto in Calabria provocherebbe un vero disastro». A lanciare questo accorato appello non è una Cassandra qualsiasi ma il Capo della Protezione Civile Regionale Carlo Tansi, secondo cui in Calabria, oltre a gran parte delle abitazioni private, sarebbero obsoleti e insicuri anche edifici pubblici tra cui ospedali e scuole. In realtà le immagini dei borghi antichi colpiti e rasi quasi al suolo dal sisma del Centro-Italia addolorano e preoccupano, così come dagli stessi filmati si percepisce la paura, la disperazione e il senso di vuoto e di impotenza causato dalle implacabili scosse del terremoto.
Ma, a ben vedere, l’orografia del territorio è molto simile a quella dell’Alto Jonio e la stessa tipologia delle costruzioni sbriciolate dal sisma è identica alle antiche e fragili abitazioni dei nostri piccoli comuni montani, addossate l’una all’altra, realizzate quasi tutte in muratura povera, spesso appesantite da sopraelevazioni azzardate, che non avrebbero la necessaria forza per resistere ad un sisma. Eppure è risaputo che la Calabria è una regione “ballerina”, anzi, è la regione a più alto rischio sismico d’Italia nella quale, secondo il monitoraggio effettuato dalla Protezione Civile Regionale, ci sono 1.800 edifici pubblici non adeguati alle norme antisismiche e ben 261, su un totale di 409 Comuni, a fronte dei quattro livelli di pericolosità sismica, si trovano nelle zone sismiche di I° e di 2° grado.
Pino La Rocca