Il mondo dei bimbi disabili nel “testamento” di Albertini. Il ricordo di una famiglia di Rossano
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«Guardare ai bambini diversamente abili non come a casi da osservare per compilare una cartella clinica o curare somministrando pillole e pasticche, ma ascoltando e imparando a conoscere quel mondo fatto di persone, storie e affetti». Così la famiglia di un suo piccolo paziente di Rossano ricorda il prof. Giorgio Albertini, direttore del reparto di riabilitazione pediatrica dell’IRCSS (Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico) San Raffaele Pisana di Roma, morto, pochi giorni fa, all’età di 63 anni a causa di un male incurabile. “Umanizzare gli ospedali”: è questo il più grande insegnamento che il medico, riferimento per la neuroriabilitazione, distintosi per la sua grande dedizione per i bambini diversamente abili, ha lasciato in eredità a tutti coloro che lo hanno conosciuto. Tra questi, anche Marilena e Lorenzo, mamma e papà di Francesco, soci fondatori della cooperativa sociale “I Figli della Luna”, si uniscono al coro di cordoglio per la perdita del noto neurologo di cui hanno avuto modo di apprezzare professionalità e umanità.
«Ricordiamo ancora – raccontano – quando ci siamo incontrati per la prima volta 12 anni fa dopo aver portato Francesco al San Raffaele. Avevo già preparato la documentazione da esibire, ma il prof. mi ha fermata subito; la priorità era parlare e interagire con nostro figlio. In 6 anni di lungo peregrinare è stato il primo medico che ha considerato Francesco come una persona».
Il prof. Albertini era stato più volte a Rossano, invitato a relazionare proprio sulla necessità di adottare un approccio diverso rispetto al mondo della disabilità e aveva promosso qui il Cooperative Learning, il metodo didattico che favorisce la cooperazione, la socialità, l’integrazione, la comunicazione e la comunione di obiettivi tra bambini disabili e normodotati. Questo metodo guida ancora oggi le attività de “I Figli della Luna” e del centro “Il Sorriso”.
“Punto a capo, un po’ di spazio”. «Con questa frase – concludono Marilena e Lorenzo – il dott. Albertini chiudeva le relazioni degli incontri dettate ad un registratore, poi trascritte dalla segretaria e trasmesse alle famiglie. Quella punteggiatura, non conclusiva, era uno spazio di continuità che dava speranza alle mamme, ai papà e bambini».
Federica Grisolia