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Il disegno criminale degli incendi. Albidona in ginocchio

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Albidona brucia, inferno di fuoco, disastro ambientale: è il grido d’allarme lanciato dagli amministratori in carica e da tutta la comunità locale che parla ormai senza mezzi termini di un disegno diabolico e incomprensibile. La qual cosa non fa altro che seminare sospetti, creare diffidenza e allarmismo sociale in una popolazione accerchiata ormai da giorni dal fuoco e che si sente sempre più sola e abbandonata. Non ci sono infatti uomini e mezzi che bastano: i piromani continuano a seminare distruzione e morte anche perché trovano alleati inconsapevoli come il forte vento, prima di ponente e dopo di tramontana, che non fa altro che soffiare sul fuoco e ingigantire i roghi che ormai hanno distrutto gran parte del territorio comunale, un tempo lussureggiante di verde e oggi trasformato in un girone dantesco dell’Inferno. Ma non sono da meno le responsabilità di chi, pubblico e privati, trascurano la pulizia dei terreni e in particolare del sottobosco. L’ultimo vasto incendio è scoppiato nel pomeriggio di venerdì, ha imperversato per oltre tre giorni e tre notti ed ha completamente incenerito località e contrade rurali assai note ai contadini albidonesi come Rosaneto, Santodaro, Pontano e Trodio che si sono aggiunte al triste rosario delle altre contrade rurali come Forestacaccia, Alicheto, Destra, Selva Grande, Canale Càfaro, Canale Salerno, Crìstali, Santàppica, Masseria Marcantonio che erano state attaccate dal fuoco nei giorni precedenti.

Contro il fuoco, coordinati da Cosenza da Corrado Gaudio quale DOS (direttore operazioni di spegnimento), per tre lunghi giorni hanno lottato come leoni “da terra” i Vigili del Fuoco di Cosenza e di Castrovillari, quelli Volontari di Trebisacce e di Mangone, i “pompieri” del Consorzio di Bonifica e tanti volontari, “dal cielo”, due o tre Canadair che per ore e ore hanno fatto la spola con il mare svuotando sulle fiamme tonnellate e tonnellate di acqua salata che per anni e anni impedirà alla vegetazione di riprendere vita e di rigenerarsi. I danni provocati dagli incendi alla flora e alla fauna selvatica e al ricco patrimonio boschivo, ma anche alle masserie che i laboriosi contadini del posto hanno sempre accudito e difeso con le unghie e con i denti anche perché retaggio di famiglie patriarcali per le quali “la terra” è stata sempre madre benigna, sono stati gravissimi e quasi incalcolabili.

Sono infatti andati distrutti oltre 300 ettari di vegetazione, sia spontanea che coltivata ma sono stati attinti dal fuoco anche diversi casolari abbandonati mentre i Vigili del Fuoco hanno presidiato le masserie tuttora abitate solo a stento salvandone alcune dalle fiamme. La stessa circolazione sulla Provinciale 253 è stata interrotta per alcune ore, così come precauzionalmente sono stati evacuati due agriturismi che sorgono nelle vicinanze. Dopo l’ennesimo incendio si può insomma dire che il territorio di Albidona non è più lo stesso: laddove dominava il verde dei boschi e delle coltivazioni, oggi ci sono estese macchie di cenere e carbone e scheletri di alberi distrutti e anneriti dal fuoco. Uno spettacolo veramente desolante, insomma, che si fa fatica a riconoscere.

Pino La Rocca

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