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Castrovillari, continua la maratona dei corti teatrali

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Continua il “Festival dei corti teatrali”, inseriti nel cartellone del “Calàbbria Teatro Festival”. Altri tre spettacoli, della durata massima di trenta minuti, in programma nella kermesse culturale organizzata da Khoreia 2000. La seconda serata inizia con “Vinni a u’ munnu”, di David Mastinu, interpretato da Martina Zuccarello e Filippo Velardi, della compagnia DaMaRTE. E’ un racconto drammatico, che si distacca volontariamente dai fatti realmente accaduti nel rispetto delle vittime di mafia, in cui si rivive la paura della Palermo dei primi anni ’90.

La vita di Rosi, una giovane ostetrica ossessionata dagli incubi, che racconta la storia di un giorno apparentemente qualunque. Lo spettacolo inizia con una scena di vita quotidiana: due tavoli, uno apparecchiato per la colazione e l’altro con sopra una scacchiera. Marito e moglie si salutano. Da lì inizia, poi, il racconto di quella giornata che si rivelerà maledetta. Era il 13 ottobre 1991. Lei perseguitata dalla paura, la stessa che avvolge la città in quei mesi di tensione, dove vivere non è semplice e, dunque, l’agitazione è uno stato d’animo inevitabile. Lui, suo marito, che riesce a guardare il bello e il lato più positivo del loro lavoro: “Tu metti al mondo vite e io le proteggo”. Quella mattina nasce un bambino, Samuele. E quella mattina giunge come un fulmine la notizia dell’attentato a un magistrato. Allora l’angoscia si trasforma in disperazione, le urla nel racconto giungono alle orecchie di Lucia, la loro figlia. La vita – simile ad una scacchiera in cui giocano il bianco e il nero, la mafia e lo stato – che si intreccia con la morte, in un’interpretazione suggestiva e ricca di carico emotivo.

Ilse Stuttgard, Vedova Kauffman

La storia, scritta e diretta da Michele Zaccagnino, vede protagonista Kurt, un giovane berlinese nella Repubblica Democratica Tedesca del 1984, e la figura ingombrante di sua madre. E’ l’anno dell’insofferenza della popolazione verso l’oligarchia di Stato, la stessa che prova Kurt verso i diktat di un regime al passo dall’implosione. In scena Bruno Petrosino, dell’Associazione culturale Space – Spazi di creatività eclettica, con le musiche di Valter Dadone.

Dalla morte del padre al suo essere considerato un debole, senza amici, il protagonista parla di sé e della sua vita, sempre condizionata dalla madre, “Ilse Stuttgard, vedova Kaufmann”, da cui prende il nome l’opera, e che aleggia sulla sua vita in maniera ingombrante, come una figura nera, inquietante. Kurt è considerato un reietto, qualcuno di cui prendersi gioco e questa insofferenza non tarda a sfociare in una voglia di liberazione dall’asservimento sociale a cui gli altri lo avevano costretto. Le musiche accompagnano la scena in maniera dinamica ed equilibrata: l’inno nazionale scandisce un crescendo drammatico e le note simili ad un carillon, invece, a cadenzare i ricordi d’infanzia. Il linguaggio del corpo accompagna quello verbale in una voglia di riscatto che vuole rendere fiero di lui sua madre, gli altri, tutti coloro che lo hanno sempre deriso e sottovalutato. Kurt si rifugia nella cucina, lavora in un ristorante, ma questa passione si tingerà di drammatico e la sua storia assumerà tratti sempre più crudi. E’ così che il suo malessere esplode, proprio come avviene in quegli anni, precisamente nella Germania Est del 1984, quando l’avversione verso il sistema è un sentimento generalizzato della popolazione di quei tempi.

 

Tiffany

Abitudine e convenzionalità si nascondono dietro un’amore apparentemente ideale. Una scena da film si trasforma nella distruzione di un sogno, per una coppia al settimo anno di matrimonio. Lo spettacolo, di e con Christian Gallucci e Anna Sala, assistente Ilaria Cassanmagnago, della compagnia Coperte Strette, analizza le dinamiche di una relazione e il suo riflesso nella quotidianità.

Recitare, ogni anno per abitudine o tradizione, la scena romantica di un film può nascondere un disagio più profondo? Giorgio e Adriana, sposati da sette anni, in occasione del loro anniversario, recitano sempre la scena finale di “Colazione da Tiffany”. Cosa succede, però, quando uno dei due rompe gli schemi di questo gioco? Si capirà che l’amore non può essere a tavolino e che la perfezione esiste solo nei film. La celebrazione di un anniversario si trasforma nella rivelazione di una crisi di coppia. Lo spettacolo diventa, così, una messinscena nella messinscena, dove i protagonisti mantengono, per tutta la pièce, tempi comici serrati. Ma quanto è sottile la linea che divide la finzione dalla realtà? Quanto questa linea può aiutare in una vita spesso caratterizzata da meccanismi convenzionali? Uno spettacolo in cui emerge la necessità di recitare per stare bene con se stessi e nella coppia, un dialogo che diventa gioco tra le parti. Ma se non si ama recitare cosa accade? Gli attori attraggono con la loro comicità e vena ironica che diverte ma invita a riflettere sulla condizione amara di una quotidianità difficile da cambiare.

Federica Grisolia

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