Ad Albidona rivive la tradizione della zampogna. Tanti giovani imparano a suonare
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Ci vogliono polmoni e cuore d’acciaio per suonare la zampogna a chiave: se n’era reso conto un viaggiatore straniero del ‘700, quando incontrò in Calabria, un pastore che suonava questo antico strumento a fiato, menzionato da Omero (Iliade, Libro XVIII, versi 720-726), da Virgilio, Platone e Leonida di Taranto: “Il pastore, sulla rozza pietra /suona dolcemente la zampogna /mentre pascola il gregge…”. Sì, la zampogna è di pretta origine pastorale; il dio Pan, protettore dei boschi e del bestiame, la ricavò dalle canne in cui fu trasformata la bella ninfa che voleva rapire, e fu chiamata siringa. Nella serata del 7 agosto, in Albidona si è svolto il “Primo festival della zampogna del piccolo borgo”: una manifestazione patrocinata dall’amministrazione comunale e preparata dal gruppo “L’Altra cultura”. E’ stata dedicata a Leonardo Rago, un umile e sfortunato suonatore e costruttore di zampogna, stroncato da inesorabile male.
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Grecanici di Cardeto (Rc)
E’ stata un’adesione corale, ma soprattutto straordinariamente umana. Nella piccola gradinata del palazzo municipale non c’erano soltanto la popolazione albidonese ma anche i suonatori dai “polmoni d’acciao”, arrivati da lontano. Tutti amici del maestro Rago: Gianluca Zammarelli del Cilento, Felice Cutolo ed Elisa Cimmelli di Napoli, Luigi Stabile di Morano, Mena e Aloise e Domenica Fiordalisi di Cassano, Paolo Napoli, Leonardo Riccardi, Pino Salamone e Domenico Miraglia di Alessandria del Carretto e di Terranova di Pollino, Palazzo con la chitarra, Giovanni Distefano di S.Severino Lucano, Fasanella col tamburello, Andrea Miraglia e Francesco Motta di Pedali di Viggianello, e altri. Tutti bravissimi, ma i più attesi sono stati i grecanici dell’Aspromonte: Sergio di Giorgio, Sebastiano Battaglia, Giovanni Tripodo e Giuseppe Iaria di Cardeto. A questi artisti della musica etnica si sono uniti, con Giovanni Palermo, Leonardo Gatto, i giovanissimi suonatori di Albidona. Il tamburello l’hanno suonato anche i bambini: i due Salvatore, Gianluca, Michele e altri. I fratelli Vincenzo e Domenico Ferraro hanno suonato la chitarra battente del padre Leonardo. Tre belle ragazze, Lucrezia, Lucia e Antonella, vestite col caratteristico costume albidonese, ballavano la caratteristica tarantella calabro-lucana.
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Un momento della festa con la gigantografia del maestro Rago
C’è stato anche un interessante dibattito, con Enzo La Vena e Michele Sangineto, dove non si è parlato solo dello scomparso Leonardo Rago, ma anche della tecnica della zampogna, delle tradizioni popolari e di un progetto per costituire la zampogna e altri strumenti della musica etnica. C’è un grande risveglio della zampogna: tantissimi giovani la stanno imparando a suonare. Ma nella serata di Albidona sono emersi altri problemi: ecco la “restanza”; la gente vuole restare nel paese dove è nata, non solo per nostalgia ma soprattutto per non far morire il piccolo borgo; in tre comuni dell’Alto Jonio non ci sono più bambini e le scuole sono chiuse. Come le poste; sull’ospedale non c’è ancora chiarezza. Continua la spoliazione del territorio Alto Jonio. I giovani, comprese le ragazze, scappano al Nord e anche all’estero. Quei pochi che restano vogliono vivere pure in pace, senza fazioni politiche “nemiche”, senza rancori personali, “senza comizi velenosi e offensivi”, senza ricordi e lettere anonime. La sindaca Filomena Di Palma si è detta consapevole di questi problemi di sopravvivenza, invitando alla “collaborazione costruttiva e all’impegno comune”. Il giovane universitario Giuseppe, dopo aver recitato la lirica dell’esiliato Leonida di Taranto, lancia fiori sulla folla, sempre in nome della pace, della libertà e della vera cultura, che “unisce, e non divide”. Sì, nei piccoli paesi, la cultura non è ancora morta.
Giuseppe Rizzo