I carabinieri della Compagnia di Corigliano Calabro hanno eseguito nei confronti di un romeno di 50 anni la misura cautelare in carcere emessa dal Gip presso il Tribunale di Castrovillari, su richiesta della locale Procura per i reati di maltrattamenti familiari e lesioni aggravate.
I fatti, di una gravità inaudita, iniziano nei primi mesi del 2018 quando la coppia iniziò la loro convivenza. Da subito l’uomo si dimostrava molto violento, soprattutto dopo che assumeva in maniera smodata alcolici di ogni tipo. Inizialmente la offendeva con frasi ingiuriose e minacciose, ma ben presto passava anche a picchiarla per futili motivi o semplicemente per gelosia. Gli episodi si ripetevano costanti nel tempo ed anche il giorno del compleanno della donna le riservava un trattamento terribile, colpendola con uno schiaffo ad un occhio che le arrecava un ematoma sullo stesso. In un’altra occasione la colpiva con un calcio sulla bocca, rompendole dei denti. Ma uno degli episodi più inquietanti – come afferma lo stesso Gip – si verificava l’ultimo giorno dell’anno 2019, quando la donna chiedeva al compagno di passare la sera come fanno tutti e cioè in compagnia, invitando dei connazionali presso la loro abitazione. Per tutta risposta l’uomo la insultava e l’accusava di volerlo tradire in casa sua e per questo motivo la prendeva di forza e la rinchiudeva nel pollaio dell’abitazione, facendole trascorrere tutta la sera all’interno. Da ultimo l’episodio dei primi giorni di gennaio, che convinceva la donna, dopo un calvario durato quasi due anni, a denunciare l’uomo: infatti dopo l’ennesimo litigio per futili motivi l’uomo si accaniva contro la compagna, colpendola con schiaffi e pugni, ma non contento, una volta a terra, gli sferrava dei calci sullo sterno con delle scarpe antinfortunistica, aventi la punta in ferro, che indossava in quel momento, lasciandola sanguinante a terra. Chiamati i soccorsi e portata in ospedale, la stessa veniva ricoverata d’urgenza con lesioni su tutto il corpo ed una contusione polmonare.
Sulla base dei fatti descritti e del grave impianto accusatorio, fondato non solo sulle denunce della donna, ma anche sugli oggettivi riscontri documentali e sulla refertazione medica, l’A.G. applicava all’uomo la misura cautelare detentiva carceraria, ritenuta l’unica adeguata, “poiché misure più graduate, che consentono la libertà di movimento dell’indagato […] non appaiono idonee ad infrenarne l’elevata pericolosità e l’assoluta mancanza di autocontrollo”.
Redazione