Il “Piano sperimentale di controllo del cinghiale nel Parco nazionale del Pollino”, meglio conosciuto come abbattimento selettivo in vigore tutto l’anno (ad eccezione di brevi determinati periodi), spesso si trasformerebbe in «abbattimento sproporzionato e indiscriminato che finirà per impoverire ulteriormente l’ecosistema dei boschi delle montagne, anziché avere la sola funzione di ridurre il conflitto del cinghiale con le attività produttive dei coltivatori, il vero scopo per il quale l’abbattimento dei cinghiali è stato programmato dall’Ente Parco».
La norma in questione prevede il solo utilizzo di una carabina di precisione per l’abbattimento, ma il presidente e i cacciatori dell’Enalcaccia Alto Jonio sostengono che le attività svolte in violazione alle regole avvengono «su terreni innevati, come in questi giorni, in molti casi con armi non consentite (fucile caricato a pallettoni e non la carabina), con l’utilizzo dei cani, senza la tecnica dell’appostamento fisso e persino di notte». Un caso in particolare, accaduto nei giorni scorsi tra i comuni di Oriolo e San Paolo Albanese, rende l’idea della gravità del fenomeno, «in un terreno con la neve alta più di un metro- fa sapere Faillace- sono stati abbattuti quattordici esemplari di cinghiale, tra loro vi erano molte femmine con in grembo i loro cuccioli, trucidati senza pietà. Tutto questo – conclude Faillace- evidentemente non ha nulla a che vedere con la «nobile cultura della caccia» né con una «corretta selezione pianificata da un Ente pubblico sotto le direttive ministeriali».
Pasquale Bria