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Sul Pollino lungo i sentieri dei briganti. Suggestivo viaggio tra storia e leggenda

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L’Associazione Ragazzi di S.Lorenzo ha dovuto affrontare anche difficoltà di ordine economico per realizzare la “tre giorni” lungo i Sentieri dei briganti con lo scopo era quello di visitare il Parco nazionale del Pollino in maniera completamente diversa dai soliti picnic in montagna: non più ragazzi spensierati, vip e signore che lasciano buste e bottiglie sui fiori e sulle erbe, ma si è voluto rivolgere un invito a vedere da vicino le bellezze naturali, come il pino loricato, simbolo del Parco, e a riscoprire la storia di questi luoghi che appartengono alla Calabria e alla Lucania.

Hanno aderito al lungo cammino  anche alcuni anziani dalla forte fibra fisica e un bel gruppo di giovani che non avevano mai visto questa splendida montagna del Pollino. Il  presidente dell’Associazione Ragazzi, Giustiniano Rossi, sembrava il patriarca della lunga traversata.  Altri sono arrivati da Milano, Firenze e Torino. C’era la signora Marta, venuta con Paolo, dalla città di Dante: ha compiuto tutto il tragitto e non si è stancata. Ma il personaggio più mite e più cordiale è stata la signora Haidi Gaggio, la madre di Carlo Giuliani, la quale ha voluto fare questo difficile percorso, per ricordare suo figlio: anche lui  è caduto come  …. un  “brigante”. Haidi ha raccolto anche un mazzo di origano del monte Sparviere; Attilio ha scavato delle radici di genziana per farci il liquore, altri hanno riempito buste di prugna selvatica per fare ottime marmellate..

Domenico ed Emilia hanno portato anche il loro inseparabile cane Ettore, che ha fatto la mascotte dei briganti; Nicola Zuccaro, che torna ogni estate da Milano, ha fatto foto e filmato. La vispa Giancarla è venuta dal Brasile, dove ha trovato lavoro; ci fa conoscere i canti di quel lontano paese. Antonio Mele, alto e snello, con la barba a riccioli, si appoggiava a un lungo bastone di faggio e lo chiamavano scherzosamente  “Mosè”; sempre insieme a Lu.

Nei passaggi più impervi andavano in fila indiana. Un po’ sudati, ma tutti contenti: alcune felicissime coppie di fidanzati e di giovani sposi hanno trasformato il lungo giro come un originalissimo viaggio di nozze. C’era anche il piccolo Rocco, il disabile degli scauts di Laterza; pure lui ha voluto fare il “brigante”. Le brevi soste sono state fatte dove accaddero i più clamorosi episodi briganteschi; si è parlato di briganti e di brigantesse del decennio francese e dell’Italia post unitaria; le loro ceneri sono state disperse proprio in questi boschi o nelle fosse comuni delle più orride prigioni dell’Italia unita: Giovanni Labanca e Giuseppe Cirigliano sono morti nella lontana Novi Ligure; il giovane Fiore Ciminelli non è più tornato da Ancona; Ninco Nanco è stato ucciso a tradimento, nella salita di Stigliano: gli hanno chiuso la bocca che stava per cacciare nomi insospettabili. A  Pasquale Cavalcante, temuto capobanda di Corleto, gli hanno attribuito una lettera di pentimento che egli avrebbe scritto, prima di essere fucilato; ma quella lettera, a bella grafia, non l’aveva scritta  il “forgiàro” di Corleto. A uno dei briganti Melidoro gli hanno tagliato la testa e l’hanno fatta rotolare nel bosco di Cersosimo; era dell’antica Favale, oggi Valsinni: in questo castello la giovane poetessa Isabella Morra fu trucidata dai fratelli crudeli, perché corrispondeva con  un feudatario nemico. Serafina Ciminelli è morta per una peritonite nel penitenziario femminile di Potenza, mentre gli irriducibili della banda del Pollino, Antonio Franco, i tre Saracinari Di Benedetto, Di Napoli e di Pace, compreso Francesco Saverio Cocchiararo, sono stati fucilati sul Colle Montereale di Potenza: era la fine di dicembre del 1865; la legge repressiva del deputato Giuseppe Pica, meridionale, e i 120 mila soldati piemontesi hanno ormai compiuto il grande massacro.

Tra le vittime, c’erano numerose giovani contadine. Alla Grande porta, chi non aveva ancora visto il Pino loricato, lo ha adorato come  “il dio della Natura”. Sul monte Sparviere è stato letto il giornale di Josè Boriès del 10 ottobre 1861; era partito da Brancaleone per raggiungere la folta banda di Crocco, appostata nel bosco di Lagopesole. Sotto la “timpa Falconara” è stato ricordato l’incontro delle bande di Francesco Lavalle, evaso dal carcere di Montalto, di Egidione Pugliese e di Antonio Franco; nel fosso di Gaudolino uno dei giovani “briganti” ha letto una pagina di Norman Douglas che descrive la cattura di Scaròla, del primo brigantaggio.

Il viaggio è riuscito grazie alla ferrea volontà degli escursionisti, ma soprattutto per l’efficiente logistica coordinata dal vice presidente de’ I ragazzi di San Lorenzo, Lorenzo Agrelli, il quale ha avuto la collaborazione di Giuseppe Santacroce, Giuseppe Ventimiglia, Domenico Pittelli e Angelo Armentano.  Indispensabile anche l’Appoggio Logistico dell’ Azienda agricola Gole del Raganello e  l’ Ostello della gioventù di Alessandria del Carretto. Il Soccorso Alpino della stazione di  Castrovillari (composto da Antonio Bonanata, Felice Lucchese e dalla dott.ssa Camilla Camu) e la Protezione civile rappresentata dal Gruppo soccorritori Aquile del  Pollino non hanno mai lasciato la compagnia dei viaggiatori. I Briganti del 4×4, con Vincenzo Lombardi e Franco Bruno,  sono stati gli spericolati autisti dei potentissimi fuoristrada sui quali venivano caricati borsoni e tende per i tre campeggi notturni.

Il percorso era iniziato nel pomeriggio del 15 agosto dal rione Sgrotto di S. Lorenzo Bellizzi, dove sono saliti tutti in pullman  “targato”  I Briganti del Pollino. Hanno toccato Cerchiara di Calabria, Trebisacce, Albidona, il rifugio di Piano Pichino, accanto al laghetto di Lagoforano, di Alessandria del Carretto, dove si è acceso un grande fuoco. Riscoprono i volti umani del Pollino e anche la cucina degli ultimi pastori, che ancora usano il ricettario dei briganti: formaggio, salame e liquori  di sambuco, fragole e prugne selvatiche. Per colazione, latte di capra e una lunga fetta di pane “stricàta” con la ricotta della mattinata; il più forte arriva con la cena, al chiaro di luna: da una grande caldaia esce lo squisitissimo stufato di carne di pecora e patate; ottime anche le laganelle e fagioli. Infine, è stata assaporata con gusto anche la vecchia minestra dei poveri: l’acqua sale, che è una zuppa calda condita solo con acqua, menta selvatica (u puliègu) e un po’ di sale. Ci voleva anche il vino ed era pure buono.  Hanno dissetato le più fresche fontane del Pollino. Quella notte al Casino Toscano (…che è ancora abbandonato) resterà indimenticabile, perché si era perso di vista il “brigante”  Lorenzo. Finalmente, sbuca dall’ombra del bosco e porta un sacco pieno di pannocchie di granturco; due “brigantesse” le hanno arrostiste sulla brace e le abbiamo divorate in pochi minuti: proprio come facevano i briganti di Antonio Franco. Lorenzo somiglia a Don Baki, non lascia mai il suo vecchio organetto. Apre lo zaino e tira fuori una bottiglia di Bellantay, tabacco da incartocciare nella cartina per sigarette e pure una boccettina di resina profumata che usavano i vecchi briganti per disinfettare eventuali ferite. Oh, Lorenzo è laureato in architettura e insegna a Milano.

Giustiniano Rossi, presidente dell'associazione "I ragazzi di San Lorenzo"

Dopo le squisitezze dei cibi, gli amici della folta comitiva  chiedono notizie sui briganti del Pollino; raccontano qualcosa durante la notte, dopo  le canzoni di Bennato (che alcune sere prime aveva cantato a San Lorenzo)  e altre dedicate ai briganti e anche alla Madonna di Pollino, perché i briganti chiedevano la protezione della Vergine e della Madonna del Carmine: sulla cima  di  “Tacca Peppino” avvenne lo scontro  tra briganti e Guardie nazionali di Alessandria. Altri episodi li abbiamo raccontati lungo i sentieri.  La terza tappa è stata più lunga, ma quasi tutta  al fresco e sui soffici tappeti delle foglie di genziana ormai secca: Casino Toscano, sorgente del Raganello, la Grande Porta, dove leggono Vecchia Calabria di Norman Douglas.

Sul poggio di Bosco Vacquarro  si può usare il telefonino e il brigante Lorenzo chiama la moglie di un escursionista” e minaccia: “Signora, abbiamo sequestrato vostro marito; si prepari a mandare una bisaccia di ducati, altrimenti gli mozzeremo prima l’orecchio destro e poi anche il sinistro; non rida, signora, i briganti del Pollino non scherzano!”.  Durante il viaggio era previsto anche l’incontro-intervista con alcuni pastori residenti nella masserie dei paesi del Parco; parlano della transumanza Marina-Montagna e viceversa. I ragazzi hanno fotografato anche gli scempi compiuti dagli incendi di luglio. Si rendono conto che i sentieri sono trascurati, gli escursionisti solitari rischiano di perdersi nei boschi, ma anche la segnaletica è da rivedere quasi tutta. Dopo la sosta a Piano Gaudolino, inizia la discesa, che era la via dei mulattieri, dei madonnari e dei briganti; si ammirano la fontana Romana e la bella cascata che butta ancora acqua. Ecco i ruderi dell’austero convento di Colloreto, sull’autostrada Salerno-Reggio.

Al municipio di Morano (pure coinvolta nel brigantaggio), li aspetta il sindaco  Di Leone, che ci offre uno squisito rinfresco. I “briganti” proseguono per  Cerchiara, dove trovano il sindaco Antonio Carlomagno, che offre il pregiatissimo pane di Cerhiara, salame, bibite e anche qualche libro. In serata, si rientra a San Lorenzo; due briganti e due brigantesse  si affacciano sui balconi delle vecchie case, si dichiarano componenti della banda Franco e raccontano la loro vita e le loro ragioni per diventare banditi del Pollino.

Maria Luisa Ferrara e Teresa Ciminelli sono interpretate dalle bravissime universitarie Lucia Rago e Mena Gugliotti. Recitano spontaneamente in dialetto e descrivono la durissima condizione sociale della donna dell’800 in Calabria; il brigante Francesco Saverio Cocchiararo parla della trappola di Lagonegro, dove incappò la banda Franco la sera del 14 novembre 1865. Michele Giannone, lo scrivano della banda, ex seminarista e allievo di Vincenzo Padula. descrive i sequestri dei galantuomini effettuati dalla banda; dice che la ferocia dei briganti è stata cagionata dalla ferocia dei padroni: “Noi volevamo un’Italia veramente unita, più democratica e più equa verso il Sud; la nostra terra è rimasta in mano dei galantuomini usurpatori !” Quindi, Giannone parla dello spreco di soldi pubblici per certe stupide serate d’agosto. Conclude con un attacco alla retorica che si sta facendo per le celebrazioni del 150° dell’Unità; critica il silenzio della storia dei vincitori, e tocca  anche  certe strumentalizzazioni di comodo che si stanno facendo su Falcone e Borsellino: “fra poco, li ricorderanno anche i mafiosi che li hanno uccisi !”.

Intanto il giovane Francesco Agrelli, che compone canzoni di contestazione,  prende la sua chitarra e  canta una serenata alla brigantessa Serafina Ciminelli. Si conclude con un breve dibattito, coordinato dal prof. Gianni Mazzei; i relatori sono tra la gente, non ai soliti tavolini: intervengono il sindaco di S. Lorenzo, Antonio Cersosimo, il dott. Costantino Faillace, il dott. Leonardo Larocca, conclude l’on. Mario Brunetti, il quale ritorna al pensiero di Antonio Gramsci sulla “questione meridionale”. Parla anche egli di certi vuoti storici e si dice d’accordo che senza mitizzare il brigante, è pur doveroso ammettere che si è trattato di una vera e propria rivolta sociale contro l’oppressione e per la liberazione del Sud. Infine, i “briganti” del Pollino vengono salutati da Cristina Santagada, nata a San Lorenzo Bellizzi, ma residente in Puglia, dove canta in un gruppo della “Pìzzica”.

Giuseppe Rizzo

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