Ospedale di Trebisacce. Tutti vogliono riaprirlo ma nessuno dice come
Ospedale di Trebisacce: sarà riaperto? Lo ha detto, da ultimo, anche il vice-ministro alla Sanità, Sileri. Ma quando? E soprattutto con quali fondi? Tutti, a parole, dicono infatti di volerlo riaprire, ma nessuno, a partire, come diremo, dai Giudici del Consiglio di Stato, ha finora individuato le fonti delle risorse necessarie per passare dalle parole ai fatti. Ancora oggi, infatti, acclarato e dato quasi per scontato, che si dovrà riaprire, nessuno è in grado di prevedere quando ciò avverrà e soprattutto dove saranno attinti i fondi per riaprirlo. Non basta, infatti, girare la chiave ed entrare nei reparti, ma ci vogliono investimenti sostanziosi in attrezzature, a cominciare dalle Sale Operatorie, per finire al personale che, col passare degli anni, si è quasi estinto a ragione di tanti pensionamenti.
Ed è così che sono passati ben 10 anni da quando, con un Decreto dell’allora Presidente della Giunta Regionale, Scopelliti, che all’epoca era anche Commissario ad Acta per il rientro dal debito sanitario, l’ha chiuso, salvo poi a pentirsene pubblicamente ed a considerarlo, a posteriori, un madornale errore strategico in quanto Ospedale “di confine”, come del resto Praia a Mare, sul versante tirrenico, e quindi capace di frenare la migrazione sanitaria verso la Basilicata. Da allora, pur essendo cambiati i partiti alla guida della Regione, impegni e promesse, specie in campagna elettorale, si sono sprecati, ma il “Chidichimo” è ancora un ex Ospedale ed è purtroppo possibile, da come si sono messe le cose, che neanche la pandemia sarà in grado di farlo riaprire, se non altro per decongestionare i cosiddetti ospedali-spoke. Come stanno, infatti, le cose in base alle ultime vicende che hanno portato il “Chidichimo” agli onori (o disonori!) dei media nazionali? A parte le battaglie che vengono lodevolmente condotte dentro e fuori dal palazzo comunale (sarebbe meglio comunque fare sintesi ed evitare deleterie sovrapposizioni spesso infettate dalla politica!), a contribuire a fare luce sullo stato dell’arte, del resto ben riassunto dal sindaco Mundo nel corso di “Titolo Quinto”, ci ha pensato l’on. Francesco Sapia, del Movimento 5Stelle, deputato e membro della Commissione Sanità della Camera (e gli altri?). Il Parlamentare coriglianese, dopo aver ribadito l’urgenza di riaprire gli ospedali cosiddetti minori che sono stati chiusi, ha “audito” in Commissione il dr. Andrea Urbani Direttore Generale del Ministero della Sanità che, come è noto, è stato nominato dal Consiglio di Stato quale Commissario ad Acta per la riapertura del “Chidichimo”.
«Ho preso atto – ha dichiarato testualmente il dr. Urbani (conosce bene la situazione sanitaria calabrese essendo stato Sub-Commissario al tempo di Scura col quale pare abbia litigato), sia delle Sentenze, sia di tutti atti relativi al “Chidichimo”, ivi comprese le risorse necessarie e, vista la situazione epidemiologica che non ammette ritardi, ho formalmente chiesto al Consiglio di Stato se mi devo ritenere autorizzato, in deroga all’Art. 20 che disciplina i poteri di un Commissario ad Acta, a prelevare direttamente, come soggetto attuatore della Sentenza, i fondi necessari per procedere alla riapertura del “Chidichimo”, oppure attendere i tempi previsti dallo stesso Art. 20». In questo caso, come è ovvio, i tempi si allungherebbero e tutto sarebbe affidato al nuovo Commissario Straordinario (con ampi poteri?) il quale, prima di entrare nella fase operativa, vorrà visionare tutti gli atti e gli anfratti che riguardano una sanità calabrese immersa fino al collo dai debiti nonostante gli 11 anni di Commissariamento. La cosa strana – e direi paradossale – è che ad individuare le risorse per la riapertura del “Chidichimo”, che tutti a parole dichiarano essere indispensabile e urgente, debbano essere i Giudici e non già la politica che – diciamo la verità – finora ha pensato che bastasse nominare un Commissario (qualsiasi!) per risolvere i problemi storici e incancreniti della sanità calabrese senza impegnare le risorse necessarie, almeno per abbattere il debito accumulato in anni e anni di malgoverno, di sprechi e di ruberie.
Pino La Rocca