Il Diario del Pollino. I pini loricati vegliano sugli escursionisti. C’è anche la lapide del cane Dik
Si dice che . . . “chi sale al Pollino e non vede il pino loricato non ha visto il Pollino !”. Sono un po’ lontani dal punto sosta auto, ma chi li vuole toccare, due ore di cammino a piedi se le può pure fare: alla fine, quel po’ di stanchezza si trasforma in una grande esplosione di gioia. I primi esemplari di questo grande monumento di Madre Terra li vedi dal basso, abbarbicati tra le rocce dell’aspro dirupo di Serra di Crispo (m.2053). Ci puoi arrivare da diversi itinerari: se lasci l’auto presso il santuario della Madonna di Pollino, ce la farai in due ore di cammino, inoltrandoti nel vecchio sentiero dei pellegrini che si recavano alla festa di luglio e settembre. Dopo una breve salita pietrosa, scendi al canale Iannàce; varchi la passerella di legno, prendi un’altra salita, quasi tutta al fresco dei grandi faggi, e ti trovi al bel Piano Iannàce: si vedono già la cima del Pollino (m.2248), Serra di Crispo ed ecco i pini loricati!
Puoi riempire la borraccia al rubinetto, a sinistra del Piano, o ancora più sopra, alla notissima fontana Pittacurcia. Poco dopo, sei già tra quelle maestose piante del Pollino. Però, l’ansia di abbracciare il grande albero si smorza tra i piccoli anfratti della roccia, perché in una specie di nicchia vedi due lapidi di marmo, inchiodate sulla bianca parete di Serra di Crispo. Nella prima si legge: A te Mimmo, ricordandoti su queste cime – gli amici, 2003. Nella seconda lapide, invece, è scritto: A Giovanni che tanto amò queste montagne, i suoi amici- Policoro 20.9.93 (nella foto sotto) Alcuni escursionisti lucani mi informano che Mimmo è morto in un tragico incidente stradale; Giovanni è stato stroncato da un infarto: amavano tutti e due il Pollino. Chissà quante volte si sono riposati su queste rocce di Serra di Crispo e al vicino Giardino degli dei !
Un po’ più a destra, tra i piccoli faggi, tra la Grande porta e l’imponente scheletro di zu’ Peppe, il pino plurisecolare che hanno bruciato i nemici della Natura, trovi un’altra lapide, di legno: la dedica è ormai cancellata, ma fino a qualche anno fa c’era questa scritta: Dik, qui, tra le nevi perenni e i venti gelidi del Pollino, troverai pace e riposo. Dik era il cane che accompagnava un ignoto escursionista di queste montagne; poi, Dik morì, e il suo inseparabile padrone gli preparò una nobile sepoltura: se lo caricò sulle spalle e venne a seppellirlo, proprio alla Grande Porta, del Pollino.
Giuseppe Rizzo