Il Diario del Pollino. Le grotte e i tesori dei briganti nelle storie dei pastori
Il Pollino non è fatto solo di alberi e di rocce; si tratta di immense solitudini dove puoi godere pace e soavi profumi di erbe e di fiori, ma in questi boschi e in queste praterie incontri anche animali domestici bellissimi, come i cavalli, i vitellini e il cane maremmano che giace in mezzo alle mucche. Incontri anche delle umili quanto straordinarie figure umane che salgono con le mandrie dalla Marina, alla fine di maggio e scendono a fine ottobre, quando incominciano a figliare le pecore e anche quando cade la prima neve: sono i pastori e i vaccari della transumanza. Questi amici sono i migliori conoscitori e informatori dei luoghi del Pollino; sanno raccontare vecchie storie di briganti, fanno nomi e cognomi dei più famosi capibanda, come Antonio Franco e Giovanni Labanca. Gioacchino Cimminelli, originario di Viggianello, conosce la grotta dei briganti: si trova in un fossato sotto Serra di Crispo, e parla pure di quella lunga scala di pietre che gli stessi briganti avrebbero scolpito fino alla grotta più alta, dove i fuorilegge del Pollino tenevano nascosti i benestanti sequestrati.
Ma Gioacchino non crede ai favolosi tesori, lasciati dai briganti, nelle cavità delle rocce e dei grossi tronchi di faggio, e dice: “Nessun pastore s’è fatto ricco con la chioccia d’oro e con i tesori dei briganti. Mio nonno ha trovato solo un fucile arrugginito, e un altro nostro compaesano ha visto pochi ducati del primo ‘800, e pure questi erano arrugginiti”.
Zu’ Giovanni Ciancio, nato in Terranova di Pollino e sposato in Albidona, voleva venire spesso con noi, per farci vedere le grotte della timpa della Falconara, dove era stato tenuto prigioniero don Pasquale Chidichimo. Ora, zu’ Giovanni non c’è più: quel pino loricato che egli conosceva, è piegato dai forti venti e dal peso della neve, ma è ancora verde (nella foto); resiste come un gigante, e noi lo chiamiamo col nome del nostro compianto accompagnatore: zu’ Giovanni !
Giuseppe Rizzo