E’ con il giovanissimo Elvio Carrieri, nato a Bari nel 2004, studente al quarto anno di Liceo scientifico, e la sua opera “Decadrammi”, che i “Diamanti della Poesia” di Aletti si arricchiscono di forti emozioni, di amore, di gioia, di morte, di sofferenza e di carezze che leniscono i dolori. «Il titolo – spiega l’autore – deriva da una moneta antica. Capita, spesso, di rifarsi al passato quando non si è orgogliosi del proprio presente e, per quanto questo meccanismo umano sia ciclico, irripetibile e a tratti scontato, il mio orecchio cadde sul suono del dekádrachmos proprio per il suo carattere di eccezionalità originaria. Nasceva quasi dal nulla – aggiunge – e moriva nel nulla alla stregua di una poesia, di un qualsiasi verso. Così come il titolo della monografia, anche i temi si riflettono nell’antico. Non ci si può far nulla, è un’attrazione vertiginosa».
E’ un rapporto quasi metafisico quello che il poeta vive con la scrittura. Un rapporto che nasce, spesso, in situazioni di disagio, quando sente la necessità di comunicare in un modo alternativo, non si sa bene a chi. «La poesia – racconta Elvio – mi venne incontro in maniera violenta, io la accolsi inerme quasi senza alternative. Leggere e scrivere versi è, a tratti, un lavoro stimolante da mandare avanti col subconscio. Una continua ricerca che si realizza nelle letture, qualcosa che sicuramente non coincide coi dettami di poesia colta e ragionata. Si tratta di un attimo violento al quale si sopperisce in silenzio o non se ne viene più fuori». C’è una buona dose di quotidiano nei suoi versi. C’è il razionale, l’irrazionale, l’inconscio. Ci sono «quelle due o tre cose che muovono il mondo». «Da Omero a Magrelli – conclude l’autore – i temi della poesia sono universali. Insomma, se non cantassero amore, morte, guerra, sesso, dolore e felicità, a che servirebbero mai i poeti?».
Federica Grisolia