Rinnovare la tradizione popolare e divulgarla nelle scuole come arricchimento del patrimonio culturale per le giovani generazioni. E’ stato questo l’obiettivo del “Laboratorio sulla Corajisima”, ideato e organizzato dall’associazione culturale di Castrovillari “Mystica Calabria”. In un territorio come quello calabrese, ricco di antichissime tradizioni e memorie, alcuni riti di particolare importanza ma che rischiano di andare perduti, meritano di essere recuperati, conosciuti, spiegati, riscoperti e valorizzati. E’ proprio il caso della Corajisima, una curiosa pupattola di pezza che un tempo lontanissimo veniva appesa davanti agli usci delle case o sui balconi e sulle finestre il Mercoledì delle Ceneri.
Per secoli, le donne calabresi hanno creato la Corajisima interamente a mano, seguendo un rituale molto preciso e davvero particolare tramandato oralmente, a seconda dei paesi. Essa simboleggiava lo scorrere del tempo e dei quaranta giorni di penitenza, di astinenza e di purificazione della Quaresima, ma anche il lavoro femminile quotidiano ed era infine una sorta di calendario, anche se la tradizione folklorica la vuole moglie o sorella di Carnevale, simbolo di sobrietà e austerità dopo i bagordi carnascialeschi. La Corajisima ha origini antichissime che risalgono alla Magna Grecia e che sono legate alle usanze pagane del culto di Dioniso e di Persèfone, ma anche al ciclo delle stagioni e al risveglio della natura con la primavera e quindi, per la religione cristiana, al periodo di quaresima che precede la Pasqua. Esporre la Corajisima significava, dunque, aderire alle restrizioni imposte dalla Quaresima e ricordarlo, quotidianamente, anche ai passanti.
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