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Ad Oriolo tornano le feste patronali con le mascherine all’aperto

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Quest’anno, dopo due anni di interruzione a causa della pandemia da Covid-19, Oriolo si aprirà nuovamente alle sue “feste” in onore di San Giorgio Martire e San Francesco di Paola. Domani, 22 aprile 2022, spazio alla tradizionale fiera. Per questi giorni di festa, – dal 22 alle ore 6 del 25 aprile – il Comune con apposita ordinanza ha obbligato l’utilizzo delle mascherine anche all’aperto. Intanto, con questo articolo, per la prima volta sul web, pubblicato su Paese24 Magazine a maggio 2013, riscopriamo l’antico legame tra la comunità di Oriolo e suoi amati santi (Vincenzo La Camera)

Ci sono due giorni all’anno in cui si dice che un oriolese doc non rinunci a tornare nel suo paese per niente al mondo, sono quei due giorni in cui chi è emigrato e lavora lontano da queste terre prenota per tempo le sue ferie, anche a costo di rinunciare a quelle pasquali, pur di avere liberi il 23 e 24 di aprile, i giorni in cui si festeggiano San Giorgio Martire (foto copertina) e San Francesco di Paola, Santi Patrono e Protettore del comune di Oriolo. Ogni anno “le feste”, come le chiamano da queste parti, attirano un notevole afflusso di gente, tra emigrati oriolesi e abitanti dei paesi limitrofi. Si comincia il 22 di aprile, con la fiera nelle vie del paese e l’esposizione dei santi nella Chiesa Madre dedicata a San Giorgio, con le statue che percorrono le due navate della chiesa e si incontrano dinanzi all’altare, fra gli applausi e la commozione dei presenti. Le celebrazioni proseguono il 23 e il 24 di aprile con le processioni religiose, i concerti delle bande musicali, le celebrazioni eucaristiche e i fuochi pirotecnici che chiudono ogni anno i tre giorni di festa (vigilia più un giorno per santo). La banda musicale di Oriolo, diretta oggi dal maestro Salvatore Giampietro, già dalla fine dell’800 accompagna i santi in processione e apre le giornate suonando, sin dalla mattina, per le vie del paese.

Un’altra delle tradizioni più consolidate è quella dei suonatori di cornamuse (i “sunacchiari”) che accompagnano la statua del santo, preceduta a sua volta dalla Guardia dell’Ottocento, dalla Guardia Spagnola, dal “Giocatore del Palio” (un devoto che piroetta con una pertica di quattro metri in mano) e dalle donne in costume tipico oriolese. Immancabile ogni anno inoltre il lancio del pallone aerostatico (foto qui sopra): un pallone costruito artigianalmente da Luigi Abate e dal cui esito del volo si traggono buoni auspici per le coltivazioni agricole future. Caratteri e aspetti folkloristici di tre giorni in cui tradizioni, devozione e un forte senso di appartenenza al territorio si mescolano talvolta alla leggenda. Si racconta infatti che in passato, per devozione e per grazie ricevute, i contadini e gli allevatori delle campagne oriolesi donassero delle mucche o dei vitelli a San Francesco; animali che poi i massari più benestanti (il cosiddetto comitato delle vacche) tenevano in custodia per poi venderli alle fiere del bestiame e pagare, con i soldi guadagnati, i lavori di restauro e manutenzione della Chiesa Madre. Per questa ragione ogni anno, durante le feste, si ripeteva il rito del saluto e dell’esposizione degli animali in chiesa e, proprio durante una di queste visite, si racconta che una mucca entrando in chiesa si chinò in un vero e proprio atto di genuflessione davanti alla statua di San Francesco (foto qui sotto).

Della statua di San Giorgio si racconta invece che essendo egli un soldato della Cappadocia, convertito al cristianesimo e venerato anche nel rito greco ortodosso, la sua statua fosse contesa tra la popolazione oriolese e quella del vicino comune arbëreshë di Castroregio, i cui abitanti lo volevano come Patrono. Per ben tre volte si insinuò che in quelle notti la statua venisse. trafugata dalla chiesa di Castroregio da parte di alcuni cittadini di Oriolo, tanto da portare le due popolazioni sull’orlo di una guerra. Solo dopo vari appostamenti notturni tutti poterono vedere con i propri occhi (e con grande meraviglia), che era proprio San Giorgio in sella al suo cavallo a tornarsene di sua spontanea iniziativa a Oriolo, che aveva scelto come paese da patrocinare, ponendo così fine alle ostilità. Ogni anno nel momento conclusivo della processione, quando la popolazione saluta con un lungo applauso il ritorno del Santo in chiesa, i portatori della statua la girano più volte su sé stessa, proprio come se il santo rispondesse direttamente agli applausi dei fedeli.

Luigi Adinolfi

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