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“Oriolo nella Storia”. Le ricerche di Vincenzo Toscani in due prestigiosi volumi

“Oriolo nella Storia”. Le ricerche di Vincenzo Toscani in due prestigiosi volumi
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di Vincenzo Diego – “Oriolo nella Storia. Feudi e feudatari di Calabria Citra. I Pignone del Carretto”, per i tipi di Valentina Porfidio Editore. Questo è il titolo dell’importante e poderosa opera del professore Vincenzo Toscani. Due volumi  in grado di accendere ulteriore luce sui fatti, che hanno segnato la storia del Meridione e dell’intero Paese. Volumi che senza dubbio saranno punto di riferimento per gli studiosi, gli accademici, i tanti  ricercatori di storia patria, per gli studenti ed appassionati di quel passato, che continua a caratterizzare il nostro presente e che ci accompagnerà per il resto dei nostri giorni. L’Autore nasce a Oriolo, in provincia di Cosenza, una laurea in Fisica, ordinario di matematica e fisica nelle superiori, ma con la passione per la storia. Una figura poliedrica, divisa tra storia e scienza che lo hanno accompagnato di pari passo. Ha fondato una stazione di monitoraggio idrometeorologico, oggi facente parte del Centro Funzionale Multirischi della Regione Calabria. Fondò anche una delle più importanti stazioni sismiche d’Italia, inserita nella rete dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia. La stazione, la prima ad entrare in funzione in Calabria, ha fornito dati indispensabili per localizzare l’epicentro del terremoto dell’Irpinia del 23 novembre 1980. Nel 1981 era presente nel “rapporto del Gruppo di Studio sulle esplosioni sotterranee” presso la Conferenza del Disarmo di Ginevra. Sindaco della sua Comunità e più volte assessore. Un punto di riferimento per tante generazioni di studenti, un mecenate che ha contribuito a far scoprire le radici di una comunità per secoli senza memoria, caduta in un  vago “girone” senza tracce.  Lo ha fatto attraverso pubblicazioni, libri, ricerche, ma anche recuperando monumenti e beni di valore storico e opere d’arte di inestimabile valore, come l’altare ligneo barocco con tabernacolo madreperlato del 1798, statue del Settecento, reliquie, lapidi tombali e commemorative dei Pignone del Carretto. Sono beni materiali e immateriali, che hanno arricchito il  patrimonio socio-culturale della comunità di Oriolo, ma non solo, poiché beni dell’intera umanità. Quasi novecento pagine da leggere con rispetto, con amore ed attenzione, perché parlano dei nostri avi, svelano un passato che ci appartiene a partire dal periodo magno-greco. L’autore lo fa attraverso i Pignone del Carretto, a cominciare dall’anno Mille, con documenti di prima mano, frutto di ricerca e un manoscritto donatogli a Terni nel lontano 1989 da uno dei discendenti di questa illustre e potente famiglia, don Domenico Musso di Peralta, che Toscani chiama confidenzialmente “don Mimì”, poi epistolari e documenti di diversi archivi statali e privati. Parte da lontano l’Autore, dagli antichi insediamenti di Sibari, Metaponto, i Lucani;  parla degli antichi popoli che abitarono queste terre, culla della civiltà occidentale. Poi il periodo federiciano con Ruggero De Amicis, uno dei padri della nostra lingua, e la  Scuola poetica  Siciliana. Pagina dopo pagina, sino ad incontrare i Gattinara (Fulvia Lignana Gattinara, marchesa di Oriolo, nipote del gran cancelliere di Carlo V Mercurino Gattinara, era cugina di quarto grado con Caterina dei Medici regina di Francia), i Colonna, gli Orsini, i Brancaccio, famiglie che nel bene e nel male hanno segnato secoli di storia italiana ed europea. Poi il periodo normanno di Roberto il Guiscardo padre della contessa Mabilia “signora di Oriolo”, ricco di avvenimenti e di interesse per i nostri luoghi, ma non solo; e poi i conventi, le abbazie, le donazioni, gli assedi al castello normanno, e ancora i Sanseverino, i Della Marra, i Vergara, sino a Marcello Pignone. Marcello, uno degli otto presidenti togati della Regia Camera della Sommaria di Carlo V, fu il primo dei Pignone a possedere queste antiche terre, “sagace ed avveduto ministro”, come sottolinea l’Autore. Una scrittura sobria, scorrevole, accattivante, capace di farti dialogare con i nobili del tempo, con le donne e gli uomini del popolo, partecipare alla vita e agli intrighi di palazzo, alle lotte di conquista, ai principali avvenimenti che segnarono uomini e cose.

Basta chiudere un po’ gli occhi e tenere il libro tra le mani, giusto il tempo di sognare per aprire le porte del tempo, e poi la curiosità prende di nuovo il sopravvento, la lettura inizia con più foga, interesse e consapevolezza, capace di alienarti dal resto, di prenderti per mano ed accompagnarti sino all’ultima riga. Una discendenza, quella dei Pignone, nello scorrere inesorabile del tempo, degna del Capostipite, come Lelio, marito di donna Costanza  di Sangro del Carretto, uomo capace di dialogare con il grande Galilei di scienza e cronache coeve. Il tempo di girare la pagina e  occhi e mente  diventano tutt’uno nel leggere di oriolesi alla battaglia di Lepanto, alle lotte contro le angherie subite e per i gravami contro i detentori del potere. Anche se non si legge a voce alta, la gola  diventa secca. La bocca serrata non aiuta la saliva, ci si alza un attimo, un sorso d’acqua e poi le pagine ti portano a scoprire la peste, i morti, le rivolte, come quella di “Masaniello”, che mise di fronte il Vivacqua, il popolo di Oriolo e Alessandro Pignone, III marchese di questa terra, fondatore di Alessandria del Carretto e Montegiordano.  Poco riuscì a fare contro la rabbia, la fame e le ingiustizie; si vide occupare il maniero, costretto alla fuga e a riparare lontano. Più avanti, nel secondo volume, tante altre storie di rilievo a partire dal 1664, segnato dalla carestia e dal prezzo del grano. Cinquant’anni dopo, nel castello nacque Emmanuele Pignone, al secolo Giorgio, Agostiniano di spicco, vescovo di Sessa Aurunca, filosofo, teologo, autore di testi sulla patristica, ritenuti fondamentali. Sempre più vicino a noi nel tempo, i martiri del Vallone di Rovito, nel ’48; poi, nove anni più tardi, si faceva spazio, tra i palazzi che contavano e la corte del Regno, Giuseppe Maria Pignone del Carretto, nato nel Castello nel 1813, sindaco sotto Ferdinando II, mentre tre anni più tardi, fu chiamato da Francesco II, ultimo Re delle Due Sicilie, a difendere Napoli. Lo fece da sindaco e da napoletano, evitando la guerra civile. Don Giuseppe fu un uomo dai saldi principi, che seppe dire no alle lusinghe sabaude, che seppe tenere testa a Garibaldi, Cavour e ad altri personaggi, noti e meno noti. Nel volume l’Autore sottolinea l’importanza di tante figure oggi dimenticate dalla storia; sono calabresi, lucani, meridionali che segnarono il Risorgimento e l’Italia. Uomini di carattere, come don  Domenico Bianchi, “il prete garibaldino”, mezzo santo e mezzo rivoluzionario, combattuto tra crocifissi, messe, sciabole  e pistole. A capo di un folto numero di giovani oriolesi partì per abbracciare l’idea di libertà e dell’Italia Unita, poi i “Circoli” liberali dell’Alto Jonio, il viaggio di Giuseppe Pignone in treno con “l’eroe dei due mondi” e la successiva lettera di stima, il ritiro dalle cariche pubbliche e la morte, che lo colse a Portici nel 1894. Il volume si chiude con un’altra figura, che segnò profondamente il nostro Paese, quella di Niccola o (Nicola) Giannettasio, insigne chirurgo e scienziato, che tanto contribuì a svelare i misteri del corpo umano e che molto si prodigò per salvare tante vite, sia negli ospedali sia nei diversi campi di battaglia durante il primo conflitto mondiale. Un uomo che tanto beneficò e a cui tanto devono la storia della medicina, la chirurgia e la ricerca.

Il professore Vincenzo Toscani, accademico tiberino, Commendatore dell’Ordine al “Merito della Repubblica Italiana”, più di ogni altra cosa è un uomo di cultura, di grande rigore scientifico, che sa parlare alla gente, che da sempre racconta il dolore, i sacrifici di donne e di uomini segnati dal tempo, le lotte, i sogni. Un uomo che ha segnato e che continua a segnare un periodo memorabile, che va dagli anni ’70 sino ai giorni nostri, una stagione dove si sono scritte pagine di rinascimento politico e socio-culturale, che hanno portato entusiasmo tra i vicoli del paese. Ha saputo guardare le cose del mondo e gli innumerevoli avvenimenti attraverso la ragione, la passione, la ricerca che segnano inesorabilmente il cammino di ognuno. È un viaggio nel tempo per scoprire storie a torto e spesso dimenticate. Con Toscani, i palazzi, i monumenti di pietre ben assestate da  sapienti mani, il castello, la chiesa, le cappelle  hanno ripreso vita e da anni continuano a parlarci, a raccontare il sudore, le emozioni, i sacrifici, i conflitti dei nostri padri nello scorrere inesorabile del tempo, compagno quotidiano e prezioso. I muri di “pietra scarna”, come li definì il nostro Autore nella lirica “Pane e cipolla” della raccolta “Gente del Sud” (1983), tracciati dall’umidità dell’aria rarefatta, con Toscani durante le tante visite delle scolaresche prendevano forma con il ricordo di chi li abitava. La storia, raccontata da Toscani, prendeva “forma” nei personaggi di qualsiasi ceto sociale fra i vecchi vicoli. La voce sovrastava il silenzio, il velo fitto, che come ragnatele nascondeva le forme, si andava man mano squarciando, la nebbia si diradava, e la storia del paese entrava prepotentemente e con sempre più consapevolezza nelle case. Quelle storie con quei racconti erano diventate le nostre storie. E sempre più volte, nel tempo, i racconti si inserivano nel quotidiano, caratterizzavano istituzioni e feste secolari. Ecco allora le passeggiate storiche in costume, la Guardia Spagnola che continua a segnare la storia, le vie e il passo, lo stemma civico, il palio federiciano. Poi, poi  l’Alluce di San Francesco di Paola, dichiarato venerabile  il 9 maggio del 2008 proprio grazie a una testimonianza di fede e caparbia ricerca  di documenti e atti notarili per dimostrarne la veridicità. Con Toscani “prendono vita” Dionisio Colomba, generale del Terzo Ordine, Caterina de’ Medici, il convento dei Claustrali, dove tutto ebbe inizio, e dove dall’inizio si conservò l’Alluce del più santo tra i calabresi e del più calabrese tra i santi.  Le storie di questi due volumi, sono le nostre storie, fanno parte della storia del Meridione, della storia d’Italia e d’Europa. Sono storie che ci segnano come oriolesi e italiani ovunque, che ci danno forza e consapevolezza, ci mostrano le radici profonde, ci indicano la via maestra, ci rendono fieri di appartenere ad un’unica grande famiglia. Gioie e dolori,  slanci e sacrifici, hanno contribuito a scrivere il futuro, hanno segnato il nostro destino. Un lavoro, questo di Toscani, che ci deve toccare profondamente, perché testimonianza viva, perché capace di  rimuovere un peso che ha intrappolato per troppo tempo il nostro passato. La curiosità insistente, che ha saputo prendere per mano l’Autore, capace di rubargli il sonno sollecitandone i pensieri e la mente, lo ha portato a intraprendere un cammino favoloso ma arduo, a tracciare un percorso, a segnare le nostre vite. Ora, solo ora possiamo girare finalmente la testa, conoscere il passato per poi guardare avanti, nella consapevolezza di non essere più anonimi e senza volto, ma donne e uomini dai lineamenti visibili, marcati e con una fantastica storia da poter raccontare.

 

 

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