di Federica Grisolia – Sono riflessioni antropologiche dedicate al friulano David Maria Turoldo (1916-1992) – presbitero, teologo, scrittore, poeta e antifascista, membro dell’ordine dei Servi di Maria – quelle raccolte nell’ultima opera, fresca di stampa, che arricchisce “I Diamanti della Saggistica” dell’Aletti editore. Si intitola “L’infelicità dell’uomo e il dramma di Dio” ed è scritta dall’autore Michele Cencio, insegnante di Religione Cattolica in un Istituto Tecnico. «Ho parafrasato – racconta l’autore che vive ad Ancona – i titoli di due libri di Turoldo “Anche Dio è infelice” e “Il dramma è Dio”, mettendo in risalto, però, anche la condizione dell’uomo. Emergono, quindi, i due binari su cui si svilupperà il mio saggio. Da una parte c’è la questione fondamentale dell’uomo, la ricerca della felicità. L’altro binario è Dio. L’idea di un Dio vicino all’uomo, anzi simile a lui, giovane, dinamico, che ha il cuore di un innamorato, che attende la sua amata, la cerca, piange e si arrabbia per lei, un Dio impotente davanti alla libera scelta dell’umanità non è ancora entrata nel nostro immaginario collettivo; eppure, è il volto rivelato dalle Scritture e più ancora dai Vangeli».
Il saggio è ispirato dagli ultimi scritti di David Maria Turoldo che, anche a causa della malattia che lo costrinse a letto, s’interrogano sul senso dell’esistere in rapporto alla sofferenza e alla fede. Il linguaggio utilizzato – come sottolinea lo stesso autore – non è propriamente accademico. C’è un continuo sforzo nel rendere la prosa anche poetica, il tentativo di far coincidere erudizione e bellezza. Una scrittura che dice e non dice, racconta, spiega e apre a riflessioni, a volte lasciandole sospese, perché non tutto deve essere spiegato. Uno stile dialettico a tratti evocativo, che mal si adatta ad una lettura veloce e che tende, inoltre, a portare il lettore a fare la sua parte. «Per quanto mi riguarda – spiega Michele Cencio – tutto ciò che scrivo, persino la saggistica, è il frutto di esperienze e letture rielaborate interiormente. È come se fosse l’esigenza, ad un certo punto, di voler dare un ordine al caos interiore, ma anche esteriore e a tutto ciò che ho accumulato nel tempo».