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Corigliano. «Mio papà abbandonato su una barella al Pronto Soccorso»

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di Vincenzo La Camera – «Ho deciso di raccontare questa storia, anche se personale, per denunciare ancora una volta la totale disorganizzazione della sanità in Calabria». Inizia così la lettera (firmata) di Giuseppe, inviata a Paese24, che racconta il calvario dell’anziano papà al Pronto Soccorso dell’ospedale di Corigliano. I FATTI – Nel mese di agosto, nell’Alto Jonio Cosentino, nel momento in cui il padre si sente male, il figlio si trova di fronte alla scelta se accompagnarlo con la propria auto, fuori regione, al Pronto Soccorso dell’Ospedale di Policoro, oppure affidarsi al 118 (sperando che ci sia il medico a bordo dell’ambulanza) che lo condurrebbe a Corigliano. Perché a Trebisacce, a differenza di quello che qualcuno ancora vuole far credere, non esiste nessun Pronto Soccorso ma solo un Punto di Primo Intervento. Pur consapevole, purtroppo, dei rischi a cui potrebbe andare incontro, viene scelta la seconda ipotesi perché il papà verte in uno stato confusionale, probabilmente dovuto ad una insufficienza cardiorespiratoria e pertanto è più sicuro viaggiare assieme ad un medico con la relativa attrezzatura. «Arrivato in ospedale (nella foto) in piena notte, dopo i primi accertamenti che non hanno portato ad una rapida diagnosi, altro non è stato fatto. Alle nostre domande – scrive Giuseppe – circa le condizioni del paziente e alla diagnosi, la risposta è stata “dobbiamo aspettare il medico specialista che arriverà alle 8:00”. Intanto mio padre rimaneva abbandonato sulla barella del pronto soccorso in un evidente stato di sofferenza, ormai non più lucido, senza ricevere alcuna cura». All’indomani mattina – sempre dal racconto del figlio – l’anziano padre è stato visitato solo attorno alle 10 e comunque dopo l’esito delle analisi, senza riferire alcuna diagnosi «perché non rientrava nell’ambito medico del dottore che lo aveva visitato». Nel pomeriggio «la situazione e le condizioni di mio padre purtroppo sono improvvisamente peggiorate – racconta amareggiato il figlio -. Ha avuto una crisi respiratoria seguita da arresto cardiaco. Con l’intervento del medico rianimatore sono riusciti a riprenderlo ma a quel punto era necessario trasferito nel reparto di rianimazione dell’ospedale di Rossano. Ho visto parcheggiare l’ambulanza davanti al pronto soccorso, pronta per partire, chiesi s’era per mio padre, mi risposero di si. I minuti passavano ma il paziente non veniva trasferito e dopo circa 20 minuti il medico rianimatore mi disse che stavano aspettando l’esito del tampone Covid per poterlo trasferire, altrimenti l’ospedale di Rossano non lo avrebbe accettato». Al cospetto di questo protocollo, Giuseppe non riesce a capacitarsi. E’ indubbio che la grave carenza di personale allunghi terribilmente i tempi di attesa nei Pronto Soccorso della Calabria mettendo a rischio la vita del paziente stesso. Noi cittadini calabresi – denuncia Giuseppe – non possiamo più accettare un sistema sanitario così disastrato. «Bisogna sicuramente ringraziare tanti medici e infermieri che con impegno, sacrificio e senso del dovere cercano di fare il loro meglio – conclude -. Ma tanti anni di commissariamento non hanno fatto che peggiorare la situazione sanitaria calabrese». L’assistenza sanitaria in Calabria, soprattutto nell’emergenza urgenza, si è trasformata in una roulette russa alimentata dall’assuefazione dei cittadini che a sua volta contribuisce ad ingrassare gli ingranaggi della cattiva politica.

 

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