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Chi è don Nicola Mobilio, il nuovo parroco di Amendolara Marina

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di Federica Grisolia – «Ai fedeli laici chiedo di salutare e accogliere i presbiteri che lasceranno una comunità per servirne un’altra ripensando alle bellissime parole dell’apostolo Paolo: “Ognuno ci consideri come servi di Cristo e amministratori dei misteri di Dio”». Così, il vescovo della diocesi di Cassano all’Ionio, monsignor Francesco Savino, i primi giorni di settembre, aveva annunciato il trasferimento di diversi sacerdoti da alcune parrocchie ad altre. Tra queste, la chiesa della “Madonna della Salute” di Amendolara Marina si preparerà ad accogliere don Nicola Mobilio. Il giovane sacerdote farà il suo ingresso ufficiale in parrocchia, domenica 9 ottobre, alle ore 18.

Don Nicola Mobilio, classe 1990, originario di Montegiordano, ha frequentato il Seminario minore (quello che ospita i ragazzi che frequentano le Scuole Secondarie ndr) a Cassano all’Ionio, il liceo classico “Satriani” e, poi, il Seminario a Catanzaro. Viene ordinato diacono nel 2014 e sacerdote il 12 giugno 2015, il primo, in Diocesi, per imposizione delle mani del vescovo Savino. Dopo due anni come vice parroco a Roseto Capo Spulico, nel 2017, diventa sacerdote della chiesa “San Giorgio Martire” di Oriolo, per poi essere trasferito, nel 2019, nella parrocchia “Sant’Antonio di Padova” a Montegiordano Paese. Da ottobre 2022, invece, sarà parroco della chiesa “Madonna della Salute” di Amendolara Marina. Intanto, lo abbiamo incontrato per una chiacchierata.

  • Oriolo, Montegiordano e ora Amendolara. Don Nicola sa cosa significa servire comunità differenti, anche nel giro di pochi anni. Ma cosa vuol dire per un parroco cambiare comunità?

Cambiare parrocchia, per me, ha due aspetti positivi: il primo, il più importante, è quello di obbedire ad un progetto di Dio, che passa dalla mediazione della chiesa e del vescovo. Il secondo, è la possibilità di rimettersi in gioco, senza abituarsi troppo e fossilizzarsi. Io, poi, per natura sono molto dinamico e accetto sempre in maniera positiva il cambiamento.

  • E cosa significa per i fedeli? Un prete può andar via, un altro può arrivare. Ma la comunità resta. 

Capisco che ci si leghi ad un sacerdote e, dunque, è normale provare un senso di dispiacere quando va via. Ma poi bisogna accettare quello che è il disegno di Dio. Non esiste un prete migliore di un altro; i parroci sono un pò come anelli di una catena che fanno la storia di una comunità e ognuno può arricchirla e fare qualcosa di diverso.

  • In una piccola comunità è più facile che si instauri un rapporto confidenziale tra sacerdote e fedeli. Secondo lei, questo può arricchire la spiritualità e favorire un avvicinamento alla fede?

Certo. Questo è un valore aggiunto perché la comunità sa di poter contare tutti i giorni sulla figura del parroco. Un rapporto quotidiano su cui fare riferimento. L’unico aspetto su cui prestare attenzione è il rischio di legarsi da un punto di vista troppo umano, perché ciò che lega deve essere sempre Dio.

  • Nella chiesa moderna qual è il ruolo dei laici in chiesa? E qual è la linea sottile da non oltrepassare affinché il laico non prevarichi sul sacerdote?

Dal concilio Vaticano II la riflessione sul ruolo dei laici nella Chiesa non cessa di essere approfondita e alimentata da nuovi contributi. Credo sia, dunque, fondamentale valorizzare la figura del laico ma soprattutto il senso di “corresponsabilità” che investe entrambi, perché il sacerdote da solo non va da nessuna parte, e viceversa. Anche i laici devono sentire la responsabilità di essere Chiesa. Si rema insieme, per un fine comune, senza personalismi e fini individuali, altrimenti si fallisce. Fondamentali, inoltre, sono i momenti di formazione perché consentono una continua crescita.

  • Cosa fare, oggi, per attirare i giovani in chiesa?

Non nego che, attualmente, si faccia fatica ad intraprendere un cammino con i giovani e a coinvolgerli in esperienze forti e importanti, anche se spronati. Forse, i tempi non sono ancora maturi per raccogliere i frutti ma l’importante è seminare, sempre. Ciò che conta è far capire che ci sei e avere la pazienza di aspettare. Non pretendo che vengano in chiesa, da un giorno all’altro, ma sono pronto ad incontrarli e ad andare io da loro, condividendo, insieme, anche momenti di svago e spensieratezza.

  • Oggi i sacerdoti, spinti anche dalla comunicazione sociale che adotta la Chiesa, si sono aperti al mondo dei social. Questi, che ruolo rivestono?

Credo che i social siano un ulteriore mezzo per trasmettere messaggi belli, positivi, e di fede. Tutto sta nel saperli utilizzare in maniera corretta e coscienziosa.

  • Che messaggio si sente di dare ai fedeli di Amendolara Marina che, tra pochi giorni, l’avranno come guida spirituale?

Cari parrocchiani, sono contento di venire in mezzo a voi. Io ci sono. Sarò a vostra disposizione e, insieme, creeremo una bella famiglia con Gesù al centro. All’inizio è fondamentale conoscersi. Papa Giovanni XXIII, parlando della Chiesa, la definiva come “l’antica fontana del villaggio che dà l’acqua alle generazioni di oggi, come la diede a quelle del passato”. Ecco, io voglio essere questo per voi. Un riferimento per tutti, dal più piccolo al più grande. Nessuno escluso.

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