di Federica Grisolia – “Né oro né carbone” di Alberto Gianinazzi, scrittore della Svizzera italiana, edito nella collana “I Diamanti della Narrativa” della casa editrice Aletti, è una storia viva che fa vibrare. È un viaggio nel passato non troppo remoto che aiuta a capire meglio il presente. È ambientato in un contesto storico ben documentato e il racconto non cade nella trappola di un elenco di fatti storici. Il protagonista partecipa al proprio sviluppo emozionale. Inizia con una lettera di suo padre, scrittagli dall’America, a guerra finita, che lo sprona a raggiungerlo in Messico. Ed è proprio l’amore per il genitore, quello mai ricevuto, o mai abbastanza risentito di prima persona, che lo spingerà ad andare così lontano. Sarà un viaggio avventuroso. L’attraversamento dell’oceano partendo da Genova, gli apre immensi orizzonti. Città del Messico e Cuernavaca gli regalano un nuovo tempo e nella Sierra Madre occidentale stringerà profonde amicizie con gli indigeni del luogo. Mentre affronta tante peripezie, gradualmente s’inserisce nella cultura più profonda messicana, in un clima di fine guerra civile, con i rapporti con la Chiesa Cattolica in crisi, cui diventa, con reticenza un messaggero d’essa, non potendo rinnegare la propria educazione. Sarà pure l’incontro di un nuovo amore, e un viaggio avventuroso nelle viscere della terra, in miniera, dove l’oro è padrone. «Nel romanzo – spiega l’autore – l’oro padrone sarà la chiave, il ponte, il grido per risolvere i problemi esistenziali fra padre e figlio. Come quello odierno, anche quello d’allora è un mondo in piena evoluzione e il carbone è un combustibile che inizia il suo declino, perché sostituito dal petrolio. Forse anche, in chiave di una lettura più ampia, una metafora umana: di quale energia vogliamo “alimentarci? Quella d’odio, della gelosia, del potere, dell’amore e il rispetto?». L’autore, nato a Lugano ma che trascorre l’inverno nelle Alpi vallesane, in una località sciistica situata ad un’altitudine di 1300 metri, mentre in estate risiede in Ticino, in un paesino di pescatori situato ai bordi del lago Ceresio, si dedica anche alla poesia; lirismo che, di tanto in tanto, introduce nella prosa, soprattutto negli incipit dei capitoli. Inoltre, si trovano elementi lessicali che rientrano nel campo dell’onomatopea. «C’è sempre un filo d’Arianna – afferma l’autore -, a volte occulto a volte palese, che muove il racconto. Evito lunghe descrizioni che penso possano annoiare il lettore, o me stesso in rilettura. Dopo la prima stesura, abbrevio e taglio così da ottenere un romanzo dal ritmo sostenuto, condensato e ricco di elementi e colpi di scena. L’amore, la presa di coscienza del proprio essere, il confronto fra altri punti di vista sono fili conduttori».