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Quando si diventa grandi? A Castrovillari in scena “Dei figli” e l’eterna adolescenza

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di Federica Grisolia – Essere figlio, ma senza dimenticare la propria giovinezza, le ambizioni, a tratti anche visionarie, la forza e la bellezza del futuro. Diventare uomini e donne, continuando ad essere figli. Crescere senza rimanere eterni adolescenti, ma solo staccando davvero il cordone ombelicale e smettendola di sentirsi “vittime” degli adulti e del mondo che è stato lasciato da chi c’era prima. E’ lo spettacolo “Dei Figli”, andato in scena ieri (venerdì 30 settembre), alle 19.30, al Teatro Vittoria di Castrovillari. La città del Pollino, che da un po’ di tempo si pregia del titolo “Città Festival” proprio per il suo fervore culturale, sta ospitando, in questi giorni e fino al 6 ottobre, la rassegna “Primavera dei Teatri”, kermesse che vanta spettacoli internazionali, anteprime e prime nazionali, sotto la direzione artistica di Saverio La Ruina, Dario De Luca e Settimio Pisano.

Dei Figli, per la regia di Mario Perrotta, e la consulenza alla drammaturgia di Massimo Recalcati, conclude la trilogia In nome del padre, della madre, dei figli, – dedicata alla famiglia e le sue trasformazioni – provando a ragionare, anche in maniera ironica e provocatoria, su quella strana generazione allargata di “giovani” tra i 18 e i 45 anni che non ha intenzione di dimettersi dal ruolo di figlio. Non tutti, per fortuna, e non in ogni parte del mondo. Ma in Italia sì, e sono tanti. Uno spettacolo essenziale nella scenografia, pochi elementi che richiamano una casa condivisa da quattro persone. Quasi un limbo in cui sostare finché non si diventa grandi e si prende in mano la propria vita. Gaetano (Mario Perrotta) è il proprietario dell’appartamento, esce una volta a settimana per fare la spesa per tutti e pare proprio abbia bisogno delle vite degli altri per poter vivere la sua. Non ha rapporti con la famiglia, da quando hanno scoperto la sua omosessualità, se non con il cugino (interpretato dalla voce di Saverio La Ruina) che gli telefona per dargli notizie del padre e della madre che non vogliono più saperne di lui perché gay. Tutti e quattro vivono la vita di tutti, sanno l’uno dell’altro perché “urlano”, quasi come se i muri fossero trasparenti. In scena, appunto, Gaetano e i suoi conquilini: Aurora (interpretata da Dalila Cozzolino), giovane avvocatessa tormentata dalla sua vita personale e dal rapporto con la madre, giudice per professione; Ippolito (Matteo Ippolito), spirito libero ma non tanto… quando si tratta della mamma, con un copione nel cassetto da anni; e Melampo (Luigi Bignone), il più giovane, ambientalista convinto che vuole occupare il Polo Nord e salvare il pianeta… almeno nei suoi sogni. Ma non solo. Da tre monitor che rappresentano gli schermi degli smartphone, escono fuori altri personaggi, i componenti delle famiglie di origine, interpretati da: Arturo Cirillo, Alessandro Mor, Marta Pizzigallo, Paola Roscioli, Maria Grazia Solano. E poi, sul filo del telefono, le voci di: Saverio La Ruina, Marica Nicolai, Paola Roscioli, Maria Grazia Solano. E allora, i personaggi diventano tredici, che si avvicendano in maniera ironica ma tristemente reale, portando lo spettatore a riflettere sulle condizioni dei figli e del rapporto con i genitori, del distacco non ancora avvenuto, anche quando la fase dell’adolescenza è passata da un bel po’ e rischia di diventare perpetua. Solo spegnendo quegli schermi, allora si puo’ iniziare a camminare verso l’età adulta. Andando, passo dopo passo, verso il mondo. Cercando di cambiare la realtà senza lamentarsi di com’è stata lasciata.

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