di Federica Grisolia – Il mistero si infittisce nella collana I “Diamanti della Narrativa” dell’Aletti editore con il romanzo “Il collegio dei segreti”, scritto dall’autrice Patrizia Ferrante, insegnante con la grande passione per la scrittura che vive in Veneto, nella zona rurale di Rovigo, la “Città delle Rose”. In uno dei più prestigiosi collegi londinesi accadono fenomeni inspiegabili, che coinvolgono l’intero istituto. Convinta di risolvere il problema, la direttrice licenzia l’insegnante che pensa sia causa di tali fatti, ma una paura sempre maggiore si diffonde tra le educande. Intanto, la speranza di trovare una soluzione logica e umana al caso minaccia di naufragare…
In ogni pagina la trama avvincente incuriosisce il lettore così come il susseguirsi dei personaggi che ne catturano l’attenzione. Tra gli altri, la direttrice del collegio, gli insegnanti di lettere, matematica e tedesco; lo psichiatra, le studentesse, il tenente. «Amo avventurarmi tra narrativa e mistero – racconta la scrittrice – perché mi permette di dar sfogo a quella fantasia che mi porta a scoprire certi lati oscuri dell’essere umano. Quando inizio un libro ho già un’idea che però prende forma pagina dopo pagina, portandomi piano piano alla meta. E’ un viaggio tra mente e sentimento in cui cerco di trovare il giusto equilibrio per dare alle parole il valore che meritano».
Nella scrittura fantasia e realtà si fondono insieme, ma ciò che domina è, infatti, il sentimento. «Nella scrittura – racconta l’autrice – ho sempre messo l’anima. Un libro è felice della gioia di chi lo legge. È un dono attraverso il quale il mondo entra in noi. Ogni parola diventa un dito misterioso che sfiora una fibra del nostro cervello, come la corda di un’arpa, destando una nota della nostra anima sonora. Naturalmente non si cambia la storia con un romanzo, però un buon libro arricchisce la visione del mondo». E c’è un’anima anche nelle parole che la Ferrante sceglie di scrivere. «Il mio, se così posso definirlo, è uno stile d’altri tempi. Ogni scrittore ha il proprio vocabolario e ha la propria atmosfera verbale e musicale. Io amo le parole antiche, quelle coniate in una fucina ormai dimenticata, dove i vocaboli più umili tornano a risplendere. Amo dipingere la natura nella sua commovente bellezza aprendo il cassetto del cuore. I sentimenti che provo sono il risultato di una succulenza verbale che riscaldano e sommuovono l’anima. Solo così riesco a scrivere». L’autrice sente di avere un dovere verso la sua anima e di volerlo trasmettere anche al lettore. «Credo di dover usare la penna per trasportare la vita sopra un registro più alto. La parola ha un grande peso e chi scrive ha una grande responsabilità nei confronti del lettore. Ecco perché in ogni mio romanzo c’è un raggio di sole che illumina anche una goccia di rugiada nascosta in un esile filo d’erba».