Site icon Paese24.it

Trebisacce. Una Chiesa al passo con i tempi. Quali difficoltà? Intervista a don Michele Munno

Print Friendly, PDF & Email

Abbiamo intervistato don Michele Munno, sacerdote della parrocchia “San Vincenzo Ferrer” di Trebisacce nonché docente di Diritto Canonico presso l’Istituto Teologico Calabro “San Pio X” di Catanzaro e giudice del Tribunale Ecclesiastico Interdiocesano Calabro con sede a Reggio Calabria. Oltre ad inquadrare i riti pasquali in un contesto odierno ci siamo soffermati anche e soprattutto sul percorso che la Chiesa ha intrapreso per stare al passo con i tempi, con tutti i rischi che ne conseguono.

L’intervista è a cura del direttore Vincenzo La Camera

Quanta tradizione c’è nei riti pasquali e quanto questo aspetto influisce sulla sacralità delle funzioni? Cominciano col dire che per vivere bene il tempo di Pasqua è importante per un cristiano accostarsi al sacramento della Confessione. Questa è una esperienza personale che ci permetterà di vivere con la giusta intensità spirituale il Triduo Pasquale. E’ vero, la Settimana Santa è intrisa di elementi legati alla tradizione popolare che si sono sviluppati maggiormente prima del Concilio Vaticano II (dal 1962 al 1965, ndc). Tutti gli elementi tradizionali hanno una bontà di fondo. Ma è doverosa da parte dei sacerdoti una certa intelligenza pastorale, chiamiamola così, per cercare di trovare il giusto compromesso dove la liturgia resta sempre e comunque la via principale verso Cristo. Mi piace ricordare il Venerdì Santo che viviamo a Trebisacce attraverso una vera esperienza di comunità grazie alla collaborazione di tutti i confratelli sacerdoti. Ormai da qualche anno partecipiamo ad un’unica Via Crucis che chiama a raccolta i fedeli di tutte le parrocchie cittadine.

Lei di recente ha dichiarato che «la liturgia non è un teatro». A cosa si riferisce? La liturgia è già totalizzante di per sé. Durante le celebrazioni dobbiamo cercare di “contaminarla” il meno possibile per evitare che tutto si riduca ad una rappresentazione teatrale snaturandola così del suo significato più sacro.

Forse questi elementi, diciamo così, più appariscenti, vengono ricercati per rendere le funzioni adatte a più persone possibili? Probabilmente è così. Però in questo modo il più delle volte si rischia di ottenere l’effetto contrario. Tanti fedeli partecipano così alle funzioni soltanto nel momento in cui trovano questi appeal, non riuscendo ad apprezzare e quindi a godere della liturgia in quanto tale. Nella Settimana Santa è innegabile che si assista ad una partecipazione maggiore di fedeli che sono portati a ricercare elementi particolari.

Non pensa che il concetto di “Chiesa in uscita”, tanto caro a Papa Francesco, stia sfuggendo un po’ di mano con il rischio di essere interpretato male. Cosa significa davvero “Chiesa in uscita”? Diciamo che la Chiesa per sua stessa natura, così come l’ha intesa Cristo, nasce in uscita. La sua missione resta quella di incontrare l’altro. La differenza è che oggi, rispetto al passato, al di fuori delle chiese fisiche non esiste una comunità cristiana forte e consolidata. Ecco perché la Chiesa ha la necessità di incrementare il suo percorso di evangelizzazione. Il rischio è quello di mondanizzare questo percorso a causa della necessità di correre per forza al passo con il mondo.

Appunto. Oggi probabilmente la Chiesa pur di apparire “cool” rischia di omologarsi, quando invece dovrebbe offrire un’alternativa credibile. Certo. La Chiesa, noi che siamo Chiesa, dobbiamo essere per forza un’alternativa. Dirò di più. Ad esempio, i giovani sono attratti da questa alternativa. In loro c’è un grande desiderio di novità e considerano la fede una proposta allettante ma hanno bisogno di educatori validi; perché spesso dopo l’euforia iniziale non incontrano quell’alternativa che desiderano. Devo dire però che il nostro vescovo, monsignor Francesco Savino, sta curando molto questo aspetto, offrendo numerose opportunità di formazione sia per i sacerdoti che per i laici.

La Chiesa gode di un grandissimo esercito di laici. Ci accorgiamo però come questi non incidono come dovrebbero nella vita di tutti i giorni nel segno del Vangelo. Mi spiego meglio. Nonostante le chiese siano piene, i risultati fuori da quelle quattro mura sono scarsi. Cosa non funziona nel sistema di formazione prima ed evangelizzazione poi? Papa Francesco parla, metaforicamente, di malattia del “martalismo”, cioè di eccessiva operosità, proprio come Marta (che una volta entrato Gesù in casa sua si preoccupava di tutte le faccende domestiche, trascurando il Signore, ndc). Spesso confondiamo la vita cristiana con le cose da fare in parrocchia. Il vangelo è fatto per la vita quotidiana: deve essere la nostra bussola in famiglia, a lavoro, nel rapporto con gli altri. Quindi rinunciamo ad un’attività in parrocchia ma applichiamo di più il Vangelo con il nostro prossimo. Altrimenti saremo come Marta, sempre indaffarata ma che trascura la cosa più importante, e cioè sedersi ai piedi di Gesù.

Chiudiamo con una domanda sul suo ultimo libro dal titolo “Padrini e Madrine”. Emerge, dal testo, come questa figura nel corso degli ultimi decenni stia affrontando grandi difficoltà. Il più delle volte viene scelta per convenzione, frutto di un entusiasmo del momento, senza pensare a ciò che queste figure possano davvero offrire al percorso di fede del bambino o della bambina da battezzare. E’ giusto. Infatti alcune diocesi in Italia stanno abolendo questa figura. Io non sono per questa ipotesi ma propendo più per la formazione. La Comunità Episcopale Italiana ha preso coscienza di queste criticità e ha deciso di istituire un tavolo di lavoro per capire come procedere ed anche io sono stato invitato a questa discussione.

A proposito di formazione, si ha l’impressione che oggi i sacramenti siano diventati, per fortuna non per tutti, un qualcosa di meccanico, una tappa obbligatoria nella vita di ognuno. La fede in Dio non dovrebbe essere un obbligo, ma una opportunità. La più bella opportunità della nostra vita. La prassi della catechesi che precede i sacramenti andrebbe rivista ed aggiornata. La catechesi come la intendiamo oggi viene strutturata in un periodo nel quale alle spalle dei bambini e dei ragazzi c’erano le famiglie che supportavano i catechisti e i parroci. Ad esempio non si possono celebrare i sacramenti omologandoli alle scadenze scolastiche. Ognuno ha bisogno del suo percorso e dei suoi tempi. A questo punto si potrebbe pensare di celebrare insieme Battesimo, Confermazione ed Eucarestia per poi fare una catechesi di impostazione “mistagogica” che aiuti ad entrare nel dono ricevuto per farlo fruttificare nella Chiesa per il mondo.

Condividilo Subito
Exit mobile version