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“Il caos di un’esistenza”. Quando l’ordine prende forma nel disordine

“Il caos di un’esistenza”. Quando l’ordine prende forma nel disordine
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di Federica Grisolia – «Il caos è il germe della vita, è potenziale; il potenziale di un’esistenza, la quale tra alti e bassi, pace e conflitto interiore, dolori e consolazioni, ne esce forte, vitale e grintosa, mai imbruttita ma sempre più brillante e libera». Si allontana, così, da un’accezione negativa del disordine, di cui a volte si è convinti, la scrittrice marchigiana Giulia Prosperi, classe 1997, autrice della raccolta di liriche “Il caos di un’esistenza”, edita nella collana “I Diamanti della Poesia” dell’Aletti editore. «Ogni vita ha il proprio caos – spiega la giovane assistente sociale, che attualmente vive a Treia (in provincia di Macerata) – in questo caso il suo ruolo ha un’accezione positiva. Solitamente, usiamo il termine “caos” per indicare un disordine che crea malessere ma provate a pensare alla noia di un costante e persistente ordine… impazziremmo tutti!». Secondo l’autrice, l’ordine prende forma nel disordine e bisognerebbe allontanarsi dalla fissazione di una morbosa ricerca dell’ordine, legata alla convinzione che esso dia le chiavi d’accesso ad un definitivo stato di grazia. «Credo che oltre che impossibile sia insana e pericolosa, anzi proprio mortale, l’immobilità, anche qualora il tempo si fermasse nel momento “più bello”; in più sarebbe come rincorrere ossessivamente l’immortalità fisica, uno sforzo inutile e privo di senso. L’equilibrio è nel caos proprio perché l’ordine è parte di esso. Cosa ci sarebbe da equilibrare nell’ordine? Il caos è fermento, e il fermento è movimento, muoversi è il mantra più prezioso che potremmo dedicare a noi stessi».

Nell’opera vi è un’alternanza tra poesia e prosa, che la giovane autrice definisce una “non-scelta”, ma il modo in cui l’espressione ha voluto forgiarsi. In questo, la scrittura riveste un ruolo importante, poiché quasi sempre basta ascoltarsi per comprendere “cosa” e “come” «E’ come il flutto del mare che bagna la riva, leviga ogni sassolino, lo rende meno tagliente, lo abbellisce, lo scolpisce, creando. Ogni sasso della spiaggia è diverso, ognuno di esso è un’esperienza che diventa sapienza e bellezza costituendo la storia della nostra vita. La scrittura è il momento in cui quel flutto è tale, il quale a suo tempo fu cavallone, ma che solo arrivando delicato a riva è stato capace di modellare plasmando e non disintegrando. E’ l’espressione del flusso di emozioni che fa navigare lo scrittore dalla rabbia e dall’irrequietezza alla calma e alla saggezza».

A sottolineare questo aspetto è anche Alfredo Rapetti Mogol, figlio del noto paroliere, che ha curato la Prefazione del libro. «La sensazione, leggendo il corpus poetico-psicoanalitico-filosofico, è di sentirsi un naufrago trasportato da onde maggiori senza una direzione precisa, preda di un moto ondoso che ti culla ma in ogni momento può sopraffarti: “piove è come se stessi sotto le mie lacrime”; il caos è polvere sottile che entra in ogni poro, che ci cambia prospettiva su cose, relazioni, sentimenti… è caustico e onnivoro, è nero e ancora nero e bianco quando più non te lo aspetti. È “amore elemento” creatore, e “amore sentimento” che forma i legami tra gli esseri, è “amore oggetto e soggetto di tutto e tutti”». Il tema più ricorrente dei versi è la natura, la naturalezza, ma anche lo sgomento, il turbamento, il disorientamento, seguiti dal desiderio di ricerca di una sana semplicità. I temi vertono sul “perché”, nessuna risposta, solo reazioni umili, dirette e spesso imparziali. «Vorrei indurre nel lettore un’autocritica costruttiva – conclude l’autrice Giulia Prosperi dal carattere versatile e alla ricerca di stimoli sempre differenti, che le permette di conoscersi, di conoscere, di sentire, di valutare e comprendere -. Vorrei che per una volta nessuno s’impegni nel cercare il cavillo per svalutare l’altro. Mi piacerebbe che il lettore si abbandoni all’esperienza di una lettura intrapresa mantenendo lo sguardo rivolto a sé stesso, cosicché, forse, riuscirebbe a percepire cosa si prova ad essere qualcun altro stupendosi di quanto egli sia suo simile».

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