“E in un soffio è l’alba”. Tra le pagine di un romanzo scorre l’esistenza
di Federica Grisolia
Un’analisi attenta e accurata di quanto anche un più piccolo dettaglio possa modificare le nostre certezze e quanto entri in gioco la volontà per decidere quale spazio dare, nella propria vita, ai sentimenti. E’, in sintesi, la nuova opera di Mietta Brugnoli dal titolo “E in un soffio è l’alba”, pubblicata nella collana “Gli Emersi-Narrativa” dell’Aletti editore, che si presenta come un esercizio interiore per non far mancare la disponibilità a lasciarsi cambiare, troppo sicuri e legati alle proprie fragili certezze.
Il Maresciallo Lepore prossimo alla pensione, e dopo aver indagato e risolto complicati casi di omicidi, si ritrova a doverne esaminare uno che coinvolge in profondità i suoi reali sentimenti, rimasti sepolti nell’angolo più remoto dell’anima. Sarà la vita stessa che, inaspettatamente, lo porterà a metterli a nudo riconoscendo, come stile di vita, l’attenzione, la comprensione e il perdono per poter avere un dialogo costruttivo e un punto d’incontro, e non di divisione. «Dal tramonto all’alba di un nuovo giorno – spiega l’autrice, nata a Roma ma che vive Buonconvento (Siena) – tutto può cambiare. Essenziale è che la nuova alba ci trovi pronti ad accettare i nostri limiti e le nostre imperfezioni per saper lottare, ed essere pronti a rimboccarci le maniche per ricominciare e rinascere, come fa il protagonista». L’alba, metaforicamente, rappresenta una fase della vita in cui ci si rende conto del tempo che passa e che cambia ciascuno di noi, quando si sofferma a riflettere davanti ad uno specchio.
L’opera può essere definita un “romanzo interiore”, un training autogeno utile a rivisitare le vicissitudini che formano il bagaglio di esperienza, in cui si intrecciano realtà e fantasia. «Ogni vissuto, ogni esperienza, ostacoli superati, gioie, sofferenze, sconfitte, successo, e perché no anche i sogni, formano una persona ed è inevitabile che quanto si traspone in un libro, una poesia come un dipinto, siano anche frutto della realtà e della fantasia, strettamente connesse». Pagina dopo pagina, nella narrazione, emergono l’empatia verso l’altro che soffre e un sentimento di condivisione del dolore, ma anche del successo e della gioia. Inoltre, le descrizioni della natura, per la quale Mietta Brugnoli, interprete e traduttrice, nutre rispetto e amore viscerale, degli ambienti nei quali si muovono i protagonisti.
Ma com’è nato il romanzo? «Un pensiero, un’idea, un incontro inatteso o una confidenza, che si intrecciano e iniziano a rotolarmi nella testa – racconta la scrittrice – fino a costringermi a scribacchiare due righe, o addirittura ad abbozzare un intero periodo, in ogni momento del giorno e della notte. Poi, spontaneamente, da ogni appunto scritto prende forma la trama in un gioco di taglia, cambia, completa». Una trama ricca e articolata che conduce ad un’analisi interiore e ad un bilancio della propria vita, delle priorità, delle proprie forze e debolezze. Senza aver paura di guardarsi indietro e di cambiare. Perché solo così si vive appieno, senza lasciarsi sopraffare dai rimpianti o dai rimorsi. E’ questo che Mietta vuole trasmettere al lettore. Ma anche la volontà di saper perdonare e, soprattutto, perdonare se stessi anche dopo un’analisi approfondita e viscerale. Di non perdere mai la speranza in un domani migliore, facendo emergere con fiducia le capacità e i talenti che ognuno di noi ha in sé, e nella fede, nella quale – confessa l’autrice – personalmente mi rifugio e dalla quale attingo a piene mani».