Trebisacce. Nuove peripezie per pazienti che si recano in un Pronto Soccorso che non esiste
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di Pino La Rocca – Un presidio sanitario virtuale, immaginario, alla stregua di un paese fantasma o di un’isola che non c’è e che, alla luce dei fatti, viene considerata un’utopia. Questo è, al momento, nonostante il quotidiano e professionale prodigarsi di medici e infermieri che vi prestano servizio, il Pronto Soccorso (che tale non è ma trattasi di Punto di Primo Intervento, ndr) del “Chidichimo” che, pur classificato come tale sulla carta, non dispone al momento di un Ospedale “per acuti” dotato di attrezzature e di medici tale da accogliere e far fronte alle emergenze. Stessa cosa dicasi per la postazione del 118 che, seppure preveda in organico la figura di 6 sanitari, in realtà può contare sulla presenza di 2 soli medici a cui, per assicurare tutta la turnazione, non basterebbe neanche il dono della bi-locazione. Succede così che il paziente, attratto dallo specchietto delle allodole, si reca con fiducia al presunto Pronto Soccorso non sapendo che quella non è altro che la prima tappa di un percorso a ostacoli che, come testimonia la cronaca, non di rado finisce in peggio.
La croni-storia quotidiana che alla fine finisce per sfociare sui social è infatti ricca di episodi di mala-sanità, o di sanità mal-organizzata. Due, solo negli ultimi giorni, gli episodi di criticità conclamate finiti inevitabilmente sui social: un paziente di Trebisacce viene portato al Punto di Primo Intervento perché affetto da melena (sangue nelle feci) per un esame endoscopico ma, dopo una giornata di esami di routine, non essendoci attrezzature e personale specializzato, viene trasferito a Cosenza per un approfondimento specialistico da cui risulta essere il paziente affetto da grave esofagite e da ulcera duodenale. Da qui il paziente – da quanto si apprende – viene rispedito al Pronto Soccorso di partenza e da qui, nonostante l’alterazione dei valori dell’emoglobina, viene dimesso senza essere ricoverato nel Reparto di Medicina e senza essere sottoposto a emo-trasfusione. “Il giorno successivo, – si legge testualmente – essendo il paziente, peggiorato, viene trasportato d’urgenza con un’ambulanza privata presso il Pronto Soccorso di Rossano dove, è stato accolto da personale qualificato e umano che lo ha subito sottoposto a trasfusione”.
Altro episodio, da leggere in chiaroscuro perché finito bene nonostante le ormai note criticità, quello capitato a una signora di Oriolo che, in preda a grave malore, si reca al Punto di Primo Intervento di Trebisacce. Qui medici e infermieri la sottopongono a tutti gli esami dettati dalle sue condizioni, la stabilizzano e, valutata la delicatezza del caso, la predispongono al trasferimento in altra struttura sanitaria. Inizia così la ricerca affannosa di un’ambulanza medicalizzata e visto che il 118 di Trebisacce è impegnato altrove, l’unica ambulanza medicalizzata non si trova a Cassano, non si trova a Corigliano-Rossano e neanche a Cariati ma solo a Mormanno. Oltre 70 chilometri e ben oltre un’ora di attesa prima che l’Ambulanza medicalizzata raggiunga Trebisacce e da qui l’Ospedale “Ferrari” di Castrovillari. Qui la signora viene ricoverata e curata e la storia, questa volta, ha un lieto fine. Fine ben diverso per il povero Rosario Ferraro, 62 anni, di Albidona, deceduto nei giorni scorsi per arresto cardiaco mentre era in attesa dell’Elisoccorso arrivato con un’ora di ritardo. Peggio ancora se fosse successo di notte, allorquando l’Elisoccorso non può atterrare perché non c’è una piazzola di sosta illuminata. Tutto questo dimostra palesemente che, nelle more che il “Chidichimo” venga riaperto e rifunzionalizzato e che venga messo in rete con il nuovo Ospedale della Sibaritide, è urgente garantire l’emergenza-urgenza potenziando con nuove attrezzature e nuovo personale il Punto di Primo Intervento e il 118.