Nel silenzio del rito funebre, tra le lacrime ed i singhiozzi dei parenti della povera donna, aleggiava sempre lo stesso interrogativo: si sarebbe salvata quella donna se a Trebisacce non fosse stato chiuso l’ospedale, ed in particolare l’Utic, che tante vite umane ha strappato alla morte nel corso di circa 30 anni di attività? Si sarebbe salvata lo stesso se il trasferimento d’urgenza presso la Rianimazione di Cosenza fosse avvenuto nei tempi previsti dal protocollo nazionale? Sono domande terribili, a cui non è facile dare una risposta ma sulle quali i familiari dell’anziana signora hanno il diritto di pretendere che si faccia piena luce. E per questo pare che siano già pronti ad adire le vie legali in cerca di eventuali disattenzioni o negligenze, sia di tipo personale che di ordine organizzativo, non solo per risalire alle eventuali responsabilità sul caso in specie, ma anche per scongiurare che simili episodi abbiano a verificarsi ancora in futuro.
D’altra parte anche l’Asp, in presenza di un fatto così grave, ha il diritto-dovere di accertare eventuali responsabilità personali attraverso un’indagine interna. Da quanto si è appreso pare che i vertici dell’Asp, nonostante il grave ritardo di tre ore nel trasferimento della paziente e le voci circolate negli ambienti sanitari circa presunte negligenze, non si siano mossi e non abbiano avviato alcuna indagine interna, perché non sono stati interessati direttamente ad un fatto di cui finora si è occupata solo la stampa.
Ma, sempre secondo indiscrezioni, pare che appena dopo capodanno intendano promuovere una verifica di quanto è successo per ricostruire i fatti ed andare alla scoperta di eventuali criticità, anche per correre ai ripari e per correggere le anomalie che in taluni casi possono provocare la morte delle persone. E’ vero che un infarto acuto del miocardio può provocare, e spesso provoca, la morte del paziente a prescindere dai tempi e dalla terapia che si instaura, ma nessuno potrà mai smentire che un ricovero più sollecito ed un intervento più immediato avrebbero potuto salvare la vita ad una signora di 70 anni che, nonostante gli encomiabili sforzi dei sanitari del “Chidichimo”, è deceduta dopo oltre tre ore dal suo arrivo al PPI di Trebisacce e che poteva ancora vivere tanti anni accanto ai suoi cari.
Pino La Rocca