Ne ha dato notizia lo stesso avvocato Mormandi il quale, avendo vissuto da trebisaccese d’origine la storia dell’ospedale in modo sofferto, prima attraverso un voluminoso dossier e successivamente nel corso della discussione orale tenutasi presso il Tar il 14 dicembre scorso, aveva ampiamente dimostrato “la manifesta e irragionevole illegittimità di quanto disposto dal suddetto decreto, vale a dire il declassamento dell’ospedale “Chidichimo” in PPI (punto di primo Intervento), senza Pronto Soccorso, senza UTIC e senza UOC cardiologica».
In pratica il Tar della Calabria, vista la natura della controversia, ha deciso l’integrale compensazione delle spese, ma ha accolto le eccezioni formulate dall’avvocatura dello Stato per conto della Regione e rigettando comunque le censure formulate dal legale del comune. Innanzitutto richiamando le stesse tesi adottate per gli ospedali di Cariati e di Praia a Mare che avevano già proposto ricorso e quindi ritenendo sufficiente l’istituzione di un PPI H/24. «Il Tar della Calabria – ha commentato con amarezza l’avvocato Mormandi – ritiene sufficiente, per i 60 mila abitanti stanziali dell’Alto Jonio e per i circa 200mila abitanti estivi, una semplice Guardia Medica; dà per scontata l’esistenza di una pista di atterraggio per elisoccorso, dà per certa l’imminente apertura del nuovo ospedale della Sibaritide e ritiene secondario il fatto che le distanze ed i tempi di percorrenza da Trebisacce e dai centri interni dell’Alto Jonio non consentono il rispetto dei tempi utili per poter soccorrere i pazienti infartuati, traumatizzati, o con una crisi ischemica, sottovalutando, nonostante la chiara e recente giurisprudenza del Consiglio di Stato (Sentenza n. 3224/12) più volte citata e presentata in atti e in discussione, la cosiddetta “golden hour”, cioè l’impossibilità di provvedere, stante l’attuale “dotazione ospedaliera” e considerate le condizioni viarie e le distanze che intercorrono con i centri-spoke di Rossano-Corigliano. La battaglia, – conclude il legale – se il sindaco mi conferisce l’incarico, deve continuare davanti alla Suprema Corte, anche in considerazione della nota sentenza emessa dal Consiglio di Stato nel mese di giugno 2012».
Pino La Rocca