Redazione Paese24.it

Ex ospedale Trebisacce. Macchina fuori uso da un mese, 180 giorni per un’endoscopia. Monta la protesta

Ex ospedale Trebisacce. Macchina fuori uso da un mese, 180 giorni per un’endoscopia. Monta la protesta
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aaaPresso l’ambulatorio di endoscopia è rotto da oltre un mese il colon-scopio di servizio: le liste di attesa, già di sé lunghe, si dilatano all’infinito e, per questo, dilaga la protesta da parte degli utenti di buona volontà che si sottopongono a endoscopia preventiva per scongiurare una delle più diffuse patologie neoplastiche come quella al colon-retto.

L’apparecchiatura, sottoposta a uno stress lavorativo in quanto solo in questi primi 10 mesi dell’anno ha eseguito oltre 800 esami di endoscopia è andato in avaria, sicchè le liste di prenotazione presso il CAPT di Trebisacce, che oltre a Cassano Jonio serve ben 18 comuni dell’Alto Jonio, sono arrivate fino al mese di aprile. Ben sei mesi dunque per eseguire una semplice endoscopia. In questo modo, si fa notare, non si fa altro che incoraggiare l’utenza a rivolgersi alle strutture private, che spesso fanno la loro fortuna per la negligenza dei responsabili locali e provinciali della sanità.

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La colonscopia, come è noto, è l’esame standard per la diagnosi del tumore del colon-retto. Essa consiste in un’ispezione visiva del colon e del retto tramite un colonscopio, un tubo sottile e flessibile del diametro di circa un centimetro che, alla sua estremità, ha una piccola telecamera illuminata capace di trasmettere le immagini del colon a uno schermo televisivo. L’esame serve a prevenire i tumori colon-rettali (50mila casi l’anno solo in Italia) ed a ridurne del 53% la mortalità: non un miracolo, ma un risultato concreto che si può realizzare attraverso programmi di screening che utilizzano la colonscopia. Il disservizio in atto presso il CAPT di Trebisacce ha portato gli utenti del comprensorio dell’Alto Jonio ad elevare una sentita protesta contro quello che viene percepito come l’ennesimo segnale di indifferenza e di abbandono sanitario del territorio da parte dei vertici dell’Asp. Così come è naturale il disagio degli operatori sanitari che con diligenza e professionalità si dedicano a questo esame che, con un utilizzo così massiccio, nell’arco di questi primi 10 mesi dell’anno, ha superato di gran lunga gli esami che si eseguono negli ospedali-spoke di riferimento comprensoriale.

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Da circa un mese l’apparecchiatura è stata prelevata dall’azienda sanitaria per essere inviata in riparazione all’azienda produttrice, ma del colonscopio si sono perse le tracce. Da qui le lamentele e le proteste, perché alla rabbia per l’ingiustificata chiusura dell’ospedale, che in questo territorio ha azzerato anche i livelli minimi di assistenza, si aggiungono anche le sottovalutazione del ruolo della diagnostica medica come momento di prevenzione. Cosa che, specie chi ha svolto la professione medica per tanti anni, non può e non deve sottovalutare.

Pino La Rocca

                                                                                           

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