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Il Diario del Pollino. I due faggi “ccucchiàti”, la testa del gorilla, la Manfriana e la Fagosa

Il Diario del Pollino. I due faggi “ccucchiàti”, la testa del gorilla, la Manfriana e la Fagosa
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In tanti, in merito al Pollino, parlano solo degli  “alberi serpenti”, della  “tavola dei briganti”, della rupe di  Petrasasso e del santuario della Madonna, ma se ti fai un sentiero poco frequentato, incontri sempre qualcosa  “nuova”, “strana” o “curiosa”. Dopo Terranova e Casa del conte, puoi visitare il Lago fondo, la fontana Chidichimo, la vecchia Segheria e la distesa della Mandre, dove i laboriosi contadini piantano ancora granturco, patate e grano carosella, la cui farina  fa ottimo pane. Gli anziani possono tranquillamente passeggiare al fresco dei grandi faggi e lungo la strada asfaltata, ma bastava la vecchia sterrata. Pure i bambini potranno scorrazzare tra il prato verde e il ruscello che scorre fino alle Gole del Paraturo.

 

A sinistra dell’imbocco della Mandre incontri la prima cosa curiosa: i faggi accucchiàti (nella foto a sinistra): due alberi, alti e diritti, uniti da un ramo, nato dal primo tronco e conficcato nel fusto dell’altro che gli sta accanto: sembra una vera e propria congiunzione carnale. Poi, ti puoi inoltrare verso Timpa Castello, dove trovi i primi esemplari del pino loricato. Chi non si è stancato può arrivare alla Grande porta, attraversare i Piani alti e Piani bassi e arrivare nello sperone tra Colle di Malevento e il Dolcedorme.

Nella salita erbosa incontri un imponente masso calcareo, con la punta a testa di gorilla (nella foto sopra a destra) e sembra un monumento scolpito dall’uomo. Se ti avventuri tra le vette di Serra delle ciavole e della Serra di crispo puoi bearti dell’immensa distesa che si allarga dal Casino Toscano fino alle creste della Manfriana (a destra) e verso la vallata del Sarmento (a sinistra). Su una delle creste di Serra delle ciavole resterai affascinato da altri due grandi massi in bilico, l’uno sovrapposto all’altro (nella foto a sinistra),e sembrano vacillare tra quegli orridi abissi del Pollino.

 

Giuseppe Rizzo

Giuseppe Rizzo

 

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